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10 febbraio

A Monza, tra “visioni” e realtà

Il primo appuntamento del ciclo di incontri con gli amministratori locali

di Veronica TODARO

5 Febbraio 2012

«Siamo in crisi. Crisi globale. Come leggerla?». È questa la domanda che si pone monsignor Armando Cattaneo, Vicario episcopale di Monza e Brianza, che il prossimo 10 febbraio incontrerà gli Amministratori locali (ore 21, Aula Magna della Facoltà di Medicina, via Cadore 48,  Monza). «L’Arcivescovo Scola ci ha dato una lettura, la considera un travaglio, la paragona ai dolori del parto: non portano morte ma vita. È una “visione”. Disegna uno scenario, sforzo prezioso e ormai molto raro. Ogni politico, ogni amministratore oggi deve decidere quale figura vuol essere: solo un tecnico o pure un “visionario”?».

Ma quali sono le visioni da Monza e Brianza? «Vorrei sottolineare con forza – spiega il Vicario episcopale – che la gente di Brianza non si è lasciata abbattere. Non ancora. Ovunque sia arrivata, la ’ndrangheta ha fatto terra bruciata. Vedi certe regioni del Sud. In Brianza no. Non ancora. Ovunque sia arrivata, la crisi produttiva, nuova peste, ha svuotato i capannoni di interi comparti produttivi. In Brianza no. Non ancora. È vitale e urgente chiedersi perché. Nel mix di risposte valide mi pare si debbano riconoscere i valori tipicamente legati alla nostra gente. Li riassumo in tre luoghi: bottega, casa e chiesa. Bottega, cioè professionalità, creatività, rapidità di decisione, intuizione. Casa, cioè famiglia, attaccamento al territorio, relazioni sociali e civili. Chiesa, cioè senso di dipendenza dall’Alto, senso di appartenenza alla comunità dei cristiani, senso di solidarietà al di là di ogni ideologia partitica, gusto del Vangelo. Me la sento l’obiezione: “Don, ma dove vivi? Queste cose stanno sui libri di storia. Non ci sono più!”. Provocatoriamente rispondo: “Grazie al cielo, questa crisi è arrivata in tempo!”. Non è vero che questi valori si sono persi. Non ancora. Adesso che il potere dei soldi traballa, il brianzolo potrebbe ricordarsi di essere stato sempre a disagio nell’ostentare la ricchezza. Potrebbe ritrovare l’orgoglio dei suoi padri poveri ma onesti (dove poveri vuol dire “non attaccati” ai soldi e onesti vuol dire orgogliosi di non aver fatto le scarpe a nessuno). Potrebbe ritrovare con i suoi figli quelle motivazioni che non riusciva più a trasmettere. In Brianza si pensa in fretta e c’è chi comincia a riconoscere che troppa produzione è del tutto voluttuaria. Il buon senso di chi è legato a bottega, casa e chiesa avvantaggia a riconoscere tutto questo e a cercare in settori invece vitali ed eticamente significativi. Non voglio dire che si tornerà di più anche a Messa. Ma di sicuro si ricrea una cultura. Oggi la Brianza ha perso forza culturale. Non sogno certo un ritorno al passato. La “visione” è sempre sbilanciata in avanti! Solidarietà vorrà anche dire “fare rete”, proporsi come sistema al mondo. Uscire da un ripiegamento isolazionista che ha reso la Brianza permeabile agli attacchi speculativi e criminali. Un futuro così ha bisogno di essere fatto balenare, condiviso, diffuso, raccontato, discusso. E ha bisogno di guida, di governo. Il sogno diventa realtà quando lo si sogna insieme».

Un sogno “realizzato” è invece quello di Basilio Pugliese, della Scuola di formazione sociale e politica per giovani, “Date a Cesare quel che è di Cesare”, che ha seguito 45 ragazzi al di sotto dei 30 anni in un percorso che ha puntato a vivere cristianamente e responsabilmente le questioni etico-sociali odierne. Giovani che potrebbe essere gli amministratori di domani. «È stata un’esperienza positiva, un percorso che mi ha molto arricchito con uno sguardo sulla dottrina sociale della Chiesa, spesso considerata “roba da preti”, ma che riguarda il quotidiano e le scelte del buon vivere e del bene comune».