Attenzione agli stranieri che scappano da Paesi in guerra. Ma anche integrazione con chi vive in Italia ormai da anni. La presenza degli immigrati nel Decanato Forlanini è soprattutto nelle parrocchie di San Galdino e Ponte Lambro. «Ci sono diverse nazionalità: nordafricani, siriani o comunque profughi da zone di guerra, alcuni cattolici, come filippini e abitanti dello Sri Lanka», spiega don Marco Bove, parroco di San Nicolao alla Flue e decano di Forlanini.
Molti immigrati abitano da diverso tempo e sono piuttosto integrati nella comunità. Con le persone di religione islamica non mancano per esempio le occasioni di confronto. «A San Galdino negli anni scorsi ci sono stati momenti di festa e di incontro aperti al territorio e alle persone di fede musulmana», commenta don Bove. Chi invece è di religione cattolica partecipa alle attività e alla vita parrocchiale. «Tra noi ci sono anche egiziani copti che hanno come riferimento una chiesa che si trova a Milano e perciò partecipano meno alle iniziative delle parrocchie», precisa don Bove.
Nel decanato Forlanini si trova inoltre “La Grangia di Moluè”. Fondata nel 1985 dal cardinale Carlo Maria Martini, in un periodo in cui il problema degli stranieri non era ancora così vivo, è diventata a poco a poco il punto di riferimento per quanti sono scappati dal proprio Paese per motivi politici o hanno un permesso umanitario. Alcune persone hanno messo in gioco le loro competenze e unito le forze per accogliere e integrare stranieri perseguitati per motivi politici, religiosi, etnici, profughi di guerra. Oggi sono 23 gli stranieri ospitati, a rotazione, per quattro, cinque o sei mesi, a seconda dei casi. Qui ricevono un alloggio, tutoring lavorativo, insegnamento della lingua italiana, accompagnamento legislativo e culturale, aiuto nell’integrazione. L’attività è gestita da volontari e operatori, insieme all’aiuto imprescindibile delle suore di Santa Maria Bambina, il cui apporto è basilare per il servizio della cucina, l’approvvigionamento dei viveri, la lavanderia, la pulizia dei locali comuni e la gestione del guardaroba. Un gruppo di operatori, organizzati in un’équipe socio-educativa, si occupa dell’accoglienza iniziale degli ospiti e dell’ascolto. «Qui si vive la promozione integrale dello straniero come uomo, nel rispetto dei suoi diritti e delle sue potenzialità, la diffusione di una cultura dell’accoglienza e della condivisione», conclude don Bove.