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A chi ci siamo consacrati?

Memoria di s. Pio da Pietrelcina. Istituti Secolari. Giornata di riflessione – 75° di Primo feliciter. Milano, Chiesa di san Francesco Saverio (PIME) - 23 settembre 2023

23 Settembre 2023

1. L’ambiguità del sacro.

non ti comporterai in tal modo riguardo al Signore, tuo Dio”: c’è infatti un modo di vivere il culto, la religione, la devozione che deve essere contestato in nome della verità di Dio che si è rivelata in Gesù.
Il sacro è come una terra piena di misteri, di fantasie, di spaventi, di promesse e i popoli possono smarrirsi sedotti da immaginazioni arbitrari.
Perciò ne possono venire comportamenti abominevoli per il Signore: facevano per i loro dei ciò che è abominevole per il Signore e ciò che egli detesta: bruciavano nel fuoco persino i loro figli e le loro figlie in onore dei loro dei (Dt 12,31).
La fantasia malata e confusa ha dato vita a una pratica religiosa che è abominevole per il Signore: si sono immaginati un “dio” affamato, da saziare con sacrifici, un dio arrabbiato da placare con l’offrire quello che si ha di più prezioso, un dio imprevedibile da rendere propizio con una sorta di trattativa do-ut-des.
Anche l’opera stessa di Gesù è fraintesa dallo sguardo malizioso dei suoi contemporanei e considerato un’opera diabolica, contraria alla legge di Dio, compiuta in nome di Beelzebùl.

 

2. La rivelazione della verità di Dio.

Dio nessuno lo ha mai visto, il Figlio unigenito è lui che lo rivelato (Gv 1,18).
È nella missione di Gesù che si è rivelato Dio, Padre misericordioso e la sua volontà (che tutti gli uomini siano salvati (cfr 1Tm 2,4).
Il Padre non chiede sacrifici, ma dona senza misura; il Padre non vuole che i suoi figli soffrano, ma vuole che amino; non servono a Dio le cose che possiamo offrire, perché tutto quello che abbiamo viene da Dio.
Gesù non è venuto a chiedere sacrifici, ma a sacrificarsi perché si riveli a tutti in che modo venga il regno di Dio, quale via porti alla vita, quale dono chiami a partecipare alla vita di Dio, alla vita eterna.

 

3. La consacrazione per un culto spirituale gradito a Dio.

La conoscenza della verità di Dio in Gesù Cristo è criterio decisivo per intendere la consacrazione.
Molti linguaggi hanno caratterizzato le scelte, le sensibilità, il modo di intendere la consacrazione nelle diverse forme che la storia della Chiesa conosce. Anche queste forme, che hanno raccolto la sensibilità del loro tempo devono essere interpretate, perché non sono prive di ambiguità.
La consacrazione in un istituto secolare è la grazia di una appartenenza al Signore che diventa segno della verità del battesimo e principio di dedizione totale alla missione di rivelare che è giunto a voi il regno di Dio.
La storia e la vita degli uomini e delle donne non è una fattualità insensata, non è sotto il dominio di Beelzebùl: piuttosto la terra è piena della gloria di Dio.
La gloria di Dio è la manifestazione del suo regno che porta alla luce la verità ultima di tutto ciò che esiste e in particolare della vita di ogni persona in ogni condizione e situazione: la vocazione ad essere figli di Dio.
Le tre parole inevitabili in questa celebrazione del Primo feliciter, cioè “secolarità” “istituto” “consacrazione”, possono trovare il loro principio e l’indicazione del cammino da percorrere in questa missione di dire la verità della persona: è liberata da Gesù, è chiamata da Gesù, è resa partecipe dalla vita di Dio.