A febbraio 2022, all'interno della proposta diocesana "Vita comune per la Carità", ha avuto inizio un'esperienza di vita comune ("Khaoua") presso la canonica della chiesa di San Francesco in Saronno: proponiamo la testimonianza dei giovani che stanno partecipando all'iniziativa.

A cura di Katia Castellazzi
Servizio per i Giovani e l'Università

Vita comune Saronno
Nella foto i partecipanti alla vita comune "KHAOUA"

Presso la canonica della chiesa di San Francesco in Saronno, sotto la guida di don Federico Bareggi, a partire dal 6 febbraio tre giovani hanno dato vita a un’esperienza di vita comune, chiamata “Khaoua”. Si tratta di: Marina Lettieri, 26 anni, educatrice professionista; Andrea Pogliani, 27 anni, insegnante e Laura Furlan, anche lei insegnate 27enne.
Riportiamo qui una loro intervista, nella quale ci aiutano a capire il senso di questa esperienza e cosa significa per loro.

Il nome che avete scelto per la vostra vita comune, “Khaoua”, è molto particolare, cosa significa?
«Avevamo ascoltato una testimonianza a Baggio -ricorda Laura- e lì abbiamo sentito questa parola “khaoua”. Significa fraternità e aveva colpito tutti noi: era il termine più adeguato per esprimere lo spirito della della nostra vita comune nella Carità».

Parlate di fratellanza e la esprimete con la lingua Tuareg: vi siete ispirati anche a Charles de Foucauld, prossimo alla canonizzazione?
«In realtà, il beato non è stato un nostro punto di riferimento ante quem, -spiega Marina- tuttavia rappresenta un carisma interessante per noi». Si può dire, allora, che sia avvenuto il contrario: nell’anno della sua canonizzazione è sorta un’esperienza di vita comune che inconsapevolmente ha adottato uno dei valori centrali della vita del futuro santo.

Cosa vi ha spinti a scegliere di aderire a questa iniziativa?
Per Marina si trattava di un desiderio profondo: «mi è sempre piaciuta l’idea di vita comune seria, che fosse più di una sola settimana; così mi ero informata e avevo ascoltato diverse testimonianze. La pandemia, però, non ha aiutato; sembrava che questa esperienza, a lungo cercata, non dovesse mai partire. Ma alla fine la Provvidenza ci ha messo insieme e ce l’abbiamo fatta».
Anche Andrea si sentiva attratto da questo modello di vita alternativo: «avevo personalmente assistito a una testimonianza delle famiglie di Villapizzone, che mi aveva affascinato molto; però è solamente dopo aver vissuto un periodo da solo che mi ero reso conto di non spendere bene, in modo autentico, il mio tempo e di preferire un cammino nella fede condiviso. Vivere in compagnia dà un quid in più alla quotidianità. All’inizio ero un po’ titubante nell’intraprendere questo percorso, poi però mi sono buttato, spinto sia dalla dimensione di condivisione sia da quella di servizio»
Laura, invece, oltre a cercare una modalità di servizio diversa da quella di educatrice, a cui si era sempre dedicata, cercava di riscoprire il valore di se stessa e dei gesti amorevoli quotidiani: «volevo mettermi a confronto con persone nuove per riscoprire chi fossi e uscire dalla confort-zone e re-imparare ad amare».

Marina, dalle tue parole, dal tono di voce, si percepisce che per te la vita comune è un sogno che si sta avverando: puoi spiegarci meglio da dove nasce questo tuo anelito?
«Ho sempre giovato della compagnia, per questo cercavo dei modelli di vita comunitari. Il mio desiderio era poter tenere insieme la condivisione, la fede, il servizio e il trantran quotidiano. Quando ho scoperto l’esistenza di questa possibilità, non potevo non aderire: questo tipo di vita comune dà la possibilità concreta di vivere insieme ad altre persone e nasce dall’idea di poter condividere nella “banale” quotidianità il Vangelo come pilastro. Questo è ciò che mi ha spronata a partecipare all’iniziativa».

Cos’ha caratterizzato l’inizio della vostra esperienza?
«In realtà è stato tutto molto fluido -dice Andrea-; essendo quasi tutti coetanei e provenendo da ambiti lavorativi simili, se non uguali, abbiamo subito trovato molta affinità, che ci ha avvantaggiato nella concretezza della vita quotidiana».

Quali legami si sono instaurati tra voi e la comunità che vi circonda?
«La comunità di Saronno -dice Andrea- ci ha accolti favorevolmente. A distanza di circa un mese dall’inizio di questa esperienza, abbiamo ospitato diverse cene e incontri di gruppo e si sono creati dei ponti tra comunità diverse, con l’oratorio e con le altre vite comuni».

Qual è il vostro stile di vita comune?
«Non abbiamo redatto regolamenti o simili, ma possiamo comunque indicare alcuni punti chiave della nostra esperienza che -spiega Laura- si fonda su tre pilastri: il primo è il servizio: ognuno di noi ha scelto un’attività caritatevole a cui dedicarsi. Io, per esempio, faccio l’educatrice presso il centro di aggregazione per adolescenti “Ufo”. In più, abbiamo anche deciso di dedicarci a un progetto altruista comune a tutti e tre: ci siamo uniti ai  volontari che prestano servizio presso la “Casa di Marta”, un centro dove si svolgono diverse attività caritative e che ospita temporaneamente un centro antifreddo di Saronno dove i senzatetto possono accedere a servizi igienici e ricevere un pasto caldo. Il secondo pilastro è la preghiera: almeno una volta al giorno troviamo un momento per una preghiera comune.» In questa voce rientrano anche, spiega Andrea, «gli incontri del martedì con don Federico. I temi proposti sono tutti tratti dal sussidio della vita comune e dunque vertono sulla condivisione e la carità»; così come «le testimonianze settimanali a cui assistiamo volentieri -aggiunge Marina- che invece non seguono un filone tematico rigido: si tratta per lo più di incontri con persone che hanno scelto modelli di vita quotidiani in cui alla base c’è sempre la partecipazione comunitaria (Discepole del Vangelo, famiglie a km 0…)». Infine, riprende Laura, «il terzo pilastro è la condivisione del Vangelo nella quotidianità». Un ultimo aspetto, ma molto rilevante, è “non sedersi sugli allori” ma, come dice Marina, «l’idea è che questa esperienza comunitaria ci interroghi come cristiani».

Questi giovani, quindi, non hanno redatto una regola vera e propria ma, come suggeriva l’Arcivescovo Mario nel suo messaggio di invito alla vita comune registrato durante l’Avvento, si sono dati del tempo per conoscersi e assaporare la serenità insieme. La loro cifra caratteristica è proprio questa: sanno qual è la loro meta, qual è il senso profondo dell’esperienza a cui hanno preso parte e stanno cercando di capire come il loro desiderio di vita che include comunità e Vangelo possa trasformarsi in quotidianità per sempre.

In attesa di scoprire se si sono avverate le vostre aspettative, quelle che vi hanno spinto a partecipare alla vita comune, vi auguriamo di essere un «segno di gioia» -come ha detto Laura- per tutta la comunità di Saronno.

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