In occasione della visita pastorale nel Decanato di Desio, l’Arcivescovo ha incontrato i giovani, rispondendo alle domande che più stavano loro a cuore, per il loro cammino di fede, perché «ognuno di noi se vive veramente secondo la Parola di Dio può veramente incontrarLo e vivere una vita piena e di salvezza»; inoltre, i giovani hanno chiesto al nostro Vescovo di suggerire loro un aiuto con cui questa intuizione possa realizzarsi nelle nostre vite

Letizia Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università

Visita pastorale Arcivescovo - Decanato Desio - Sito

«Abbiamo da poco vissuto la Pasqua e durante un incontro di noi giovani si parlava di come Gesù è morto per noi: c’era chi diceva che non poteva essere morte più giusta per dimostrarci il suo amore e invece vi era chi diceva che noi, uomini sulla terra, ci sentiamo in debito con Lui per quello che ha fatto per noi… Come avviene l’incontro personale con Cristo, nella vita di tutti i giorni?».

Questo interrogativo è stato il primo dei quattro che è stato rivolto all’Arcivescovo Mario Delpini, preparati per la sua visita nella serata di martedì 16 aprile dai gruppi giovanili delle diverse comunità, lavorando su quattro aree tematiche. «Non pretendendo che sia un tuttologo e possa rispondere a tutto – precisa don Michael Pasotto – ma ascoltando le sue parole dettate dalla sua forte fede, dal suo essere maestro nella preghiera».
Dopo il momento informale dell’apericena, nell’oratorio S. Bernardo di Nova Milanese, nel contesto dell’appartamento dedicato a “casa giovani” (ai loro incontri, per le equipe e alle vite comuni), tra divanetti ed un ambiente accogliente riempito dai ragazzi, insieme si può “creare casa”, mettendosi in ascolto dell’Arcivescovo, in un dialogo.
Don Maurizio Tremolada, decano, sottolinea come l’incontro con i giovani sia la prima sosta del Vescovo nell’ambito della sua visita pastorale, ringraziandolo, e salutando anche don Marco Fusi, presente come responsabile diocesano del Servizio Giovani e Università. «Guardiamo con tanta gioia a questo incontro – commenta don Maurizio Tremolada -. La Pastorale giovanile è sempre stato un segno che anticipa un cammino della Chiesa. Le Unità di Pastorale giovanile hanno preparato la creazione delle Comunità pastorali, il lavorare insieme tra le varie parrocchie. Anche questo incontro può aiutarci ad avere uno sguardo di speranza per il futuro».

«Mi sono chiesto come rispondere alle vostre domande – ha iniziato il dialogo l’Arcivescovo -: ho pensato di dire come si fa a trovarla la risposta, più che dare io la risposta. Se uno ha veramente a cuore questa domanda “come faccio io a incontrare Gesù e in che modo la vita e la morte di Gesù sono ‘utili’ per me… cosa significa che Gesù è morto per noi?», c’è un percorso per trovare la risposta: sono le Scritture, perché Gesù si è rivelato nei Vangeli, e come tutta la Bibbia sono testimonianza: per quello l’Arcivescovo suggerisce un testo da leggere per approfondire, che abbina ad ogni domanda.
Vangelo di Giovanni 19,33, meditando la scena del soldato che colpì il fianco di Gesù e uscì sangue e acqua, commenta: «Lui c’è, è vivo, vi parla. Perché sei morto così? In che modo la tua morte è per noi? La morte di Gesù non è un finire nel nulla ma ci dà vita. Gesù è con te e vive in noi. Donandoci il suo Spirito ci rende capaci di vivere come lui: in ogni momento della vita se credo in lui posso scegliere di vivere come ha vissuto lui, cioè facendo della sua vita un dono. In ogni situazione puoi amare e non amare. Io mi fido di lui e credo che si vive così, seguendo lui e amando».

Il secondo tema è quello dell’amicizia, un tema molto caro all’Arcivescovo, che lo porta a ricordare la sua importanza, a partire da quando aveva all’incirca l’età dei ragazzi che ha di fronte, pensando alla scelta di diventare prete, come seminarista, in oratorio, nella condivisione di esperienze.
«Come la fede ci può aiutare nella costruzione di amicizie sane e durevoli? – chiede una giovane – E pensando al gesto di Gesù che è riuscito a perdonare le persone che lo hanno tradito, come facciamo noi giovani a capire cosa vuol dire davvero perdonare, dove possiamo trovare la forza per perdonare?».
Cita, l’Arcivescovo, in questo caso, il testo del Vangelo di Giovanni 1,44. «Cosa significa amicizia? La definirei come quella reciprocità del volersi bene che rende migliori», differenziandola semplicemente dal gusto di stare insieme, dalla complicità che non aiuta un cammino.
Nessuno cammina da solo nella vita cristiana, abbiamo bisogno di una comunità. «La preghiera mi aiuta a perdonare», una delle forme più impegnative dell’amore (il vero perdono ricostruisce il rapporto, è più della semplice riconciliazione e della buona maniera, pensando anche al libro di Gemma Calabresi che è arrivata addirittura a perdonare chi le aveva ucciso il marito, il commissario Luigi Calabresi), perché «quando uno prega entra in comunione con Dio e questo aiuta a guardare gli altri un po’ come li guarda Dio, e lui come ci guarda? Riconoscendoci amabili. Quando guardi la persona che ti ha offeso a un certo punto ti ricordi solo quello, che ti ha offeso, metti su l’etichetta, ma la persona non è tutta lì, è una persona con tutta una sua ricchezza. Dio ha sempre stima di noi».

La terza questione è posta da un giovane con domande sul tema dell’affettività, dell’amore e della sessualità, pensando anche agli strumenti che possono aiutare le coppie a crescere nella relazione per vivere da cristiani il tempo del fidanzamento. «Il testo fondamentale per l’antropologia cristiana è nell’Antico Testamento, Genesi 1,26 e seguenti, che smentisce che la sessualità sia un tabù: Dio ha creato l’uomo e la donna a immagine di Dio. La sessualità come tutto ciò che è umano, l’uomo e la donna, nella sua complessità, è benedetto da Dio. La sessualità dice la complementarietà e diventa principio di fecondità, la possibilità di generare figli. Diverso è fare della sessualità una degenerazione, la pornografia, ridurre l’altro a un oggetto, come perversione rovinosa che strumentalizza l’altro». C’è una scelta radicale da compiere, cioè se il criterio del bene è dentro di me, se il criterio sono io, come scelta contemporanea di un modo di intendere la vita (mi piace, non mi piace, voglio, preferisco, come se il mondo cominciasse con “io”) oppure se la sessualità fa parte dell’affettività, della sfera di intelligenza ed emozioni, e si configura come criterio di risposta a una vocazione, un modo di intendere la vita come un dono, perché non sono io il criterio/il principio di tutto, sono venuto al mondo perché qualcuno mi ha chiamato. «Tutto di noi è benedetto, così il corpo non è una prigione o un condizionamento. Per la coppia (l’isolamento può rendere molto fragili) è importante una comunità, un accompagnamento è imprescindibile. L’amore è una cosa complessa e delicata, le cose preziose si isolano e mettono in cassaforte per custodirle, le cose umane preziose hanno bisogno della compagnia del popolo, come una fiamma se togli l’aria si spegne, se chiudi una coppia in un appartamento rischi che “scoppia”, si spenga, per vivere e far sì che rimanga viva, deve respirare, camminare dentro un popolo, nel senso di condividere esperienze».

L’ultima domanda racchiude e tiene insieme gli altri argomenti e riguarda le scelte della vita, attraverso una duplice sfida, con una riflessione sulla contemporaneità: la situazione internazionale e personale. «In che modo si può accompagnare un giovane a compiere le scelte giuste per la propria vita?».
Il testo di riferimento è quello del Vangelo di Matteo 9,9 e successivi, quando Gesù vede un uomo seduto al banco delle imposte e gli dice: Seguimi. «L’analisi dei giovani fragili, soffocati dalle minacce che aleggiano sul futuro, rischia di rendere soltanto tristi e rassegnati, per le complessità che faticano a far intravedere una meta. Abbiamo ricevuto una vita come dono da spendere bene. Come un giovane può scegliere, di fronte alle incertezze? Smentendo l’idea della vocazione come predestinazione, ritengo che nella vita ci sono dei passaggi: scegliere comporta l’esercizio della libertà, ma Gesù può aiutarvi a scegliere. Chiedetelo a Gesù e impara a conoscere le tue doti, i tuoi limiti, e vivi, servendo, come un modo per amare e vivere come Gesù, camminando con lui».
«Il Signore vi accompagni sempre e vi renda cristiani contenti e docili al Signore Gesù», ha concluso l’Arcivescovo dopo la preghiera finale con la recita della Compieta in Chiesa. Sappiamo che l’Arcivescovo ama essere salutato con la parola “Kaire”, così i giovani del decanato di Desio si augurano che, per lui, l’incontro con i “giovani” possa essere un po’ la gioia del Vescovo, incoraggiati a compiere scelte belle e impegnative, non avendo paura di accogliere le sfide di oggi.

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