Moggi – Gatto e Volpe insieme – tradito dall’eccessiva
sicurezza. Un ambiente popolato da dirigenti scarsamente
avveduti, giocatori vacui e procuratori senza scrupoli
Un presidente federale più propenso ad archiviare
che a denunciare. E mentre gli arbitri finiscono indagati,
la proprietà della Juventus corre ai ripari per ripristinare
per quanto possibile l’onore infangato della Vecchia Signora
di Gianni Ranieri
Luciano Moggi è il più famoso architetto del calcio italiano. Un architetto inventa e costruisce e Luciano Moggi, direttore generale della Juventus, nell’invenzione e nella costruzione non lo batte nessuno. Antonio Giraudo, della Juve, è l’amministratore delegato. Su Luciano Moggi e su Antonio Giraudo è piovuto in questi giorni un Niagara di spazzatura. Intercettazioni telefoniche, non freschissime (le ultime, del 2005), sono finalmente approdate alle pagine dei giornali e in quelle intercettazioni c’è una sceneggiatura da accorciare il fiato, da lasciare allibiti.
Designatori arbitrali trattati come vassalli, nomi di arbitri che rimbalzano da una cornetta all’altra simili a pupazzi di panno, suggerimenti su come si potrebbe decimare una squadra che sarà la prossima avversaria della Juve, atteggiamenti da marajà del campionato, favori che si fanno e che si ricevono, battute da caserma su dirigenti federali e di club. Una collezione di incredibili orrori calcistici che disegnano e dipingono un ambiente in cui sportività, lealtà e serietà si trovano a loro agio come fette di cipolla in una zuppa inglese.
Incredibili? Ma se non esisteva neppure mezzo tifoso di calcio che non considerasse Luciano Moggi una mimesi contemporanea del Gatto e la Volpe moltiplicati per cento. Incredibili perché? Perché una cosa è pensare, credere; un’altra è venire a conoscenza, vedere e toccare.
Ma, soffermandoci su Moggi, che è il cardine della giostra, domandiamoci ancora: è possibile che questa alta concentrazione di gatti e di volpi che è il direttore generale della Juventus si sia dimenticato che in Italia, Paese in cui tutti stanno ore e ore attaccati al telefono e in cui, di conseguenza, intercettare chi telefona è un gioioso procedere, un’intercettazione telefonica arriva prima o poi nella redazione di un giornale e da quel momento, si tratti o no di questioni perseguibili penalmente, l’intercettato è fritto e abbrustolito?
Come è possibile che un sommo annusatore di fortune e sfortune calcistiche qual è Luciano Moggi si sia fatto arpionare come una balena suonata? Guai della superiorità. Ecco la causa. Nelle italiche terre dirigenziali del gioco del calcio la cultura, l’intelligenza e la conoscenza della materia abbondano nella stessa misura in cui abbonda l’acqua nel deserto africano.
Le corti dei famosi “presidenti scemi” sono sempre traboccate di furbi e di venditori di fumo, che se qualche volta ti vendono anche l’arrosto bisogna stare attenti che non provenga da una mucca pazza. I giocatori pensano soprattutto all’unione con le veline televisive o con le modelle che pesano due etti e mezzo, tutte care e gentili ragazze che però vogliono abitare in via Montenapoleone a Milano o in piazza di Spagna a Roma e non sembrano le compagne ideali per forgiare nei loro fidanzati l’amore per la bandiera.
I procuratori degli atleti intessono con le dirigenze dei club rapporti deliranti, durante i quali si parla di milioni di euro come di stuzzichini da aperitivo, anche riguardo a mezze tacche spaventose. I dirigenti stanno a mollo in quei deliri perché se non presentano a getto continuo nomi nuovi, nuove stelle, nuovi accalappiacitrulli, i tifosi non si abbonano e sono anche capaci non soltanto di disertare gli stadi, ma anche di spegnere il televisore.
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