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Alpinismo

Addio a Bonatti, mito delle vette

Scomparso a 81 anni. Le sue imprese sulle montagne di tutto il mondo sono passate alla leggenda

Mauro COLOMBO

14 Settembre 2011

Ha fatto trepidare generazioni di italiani con le sue gesta sulle montagne di tutto il mondo. Ne ha fatte sognare altre con i suoi fotoreportages giornalistici dai cinque continenti. Per Walter Bonatti – scomparso questa notte a Roma a 81 anni – le parole “mito” o “leggenda” non sono affatto fuori luogo. Perché realmente mitiche e leggendarie – anche per il carico drammatico portato dietro – sono state le sue imprese.

Bergamasco trapiantato a Monza, dopo le prime ascensioni sulle Grigne ed essere diventato guida alpina, si fece un nome fin dalla fine degli anni Quaranta sulle cime più ambite d’Europa: la via Detassis nelle Dolomiti, la Cassin sulla parete nord delle Grandes Jorasses, la parete nord-ovest del Badile, la parete est del Grand Capucin. Nel 1954 venne selezionato come membro più giovane della spedizione guidata da Ardito Desio alla conquista del K2, la seconda montagna più alta del mondo.

Fu l’evento che fece da spartiacque nella sua vita. Bonatti diede un contributo decisivo all’arrivo in vetta di Compagnoni e Lacedelli, mettendo a repentaglio la propria vita con una notte trascorsa all’adiaccio a oltre 8 mila metri; ma venne poi coinvolto in una disputa polemica con i due compagni di spedizione e con lo stesso Desio, che lo accusavano di aver messo la propria ambizione al di sopra dell’interesse collettivo. La vicenda si trascinò per cinquant’anni, finché il Club Alpino Italiano non accreditò ufficialmente la versione di Bonatti, riabilitandolo completamente.

Seguirono altre imprese memorabili: nel 1955 il Petit Dru sul Bianco con un pendolo improvvisato usando il materiale che aveva in possesso; poi il Gasherbrum IV e conquiste sulle Ande e in Patagonia; nel 1961 fu tra i quattro superstiti della scalata del Pilone Centrale del Freney, nel Gruppo del Bianco; nel 1963 le Grandes Jorasses in invernale; nel 1965 l’apertura di una via nuova in solitaria invernale sulla parete nord del Cervino.

Ma progressivamente Bonatti andava scoprendo, accanto al mondo “in verticale”, anche un mondo “in orizzontale”, che ne assorbì gli interessi. Risalite di fiumi immensi, esplorazioni di ghiacciai, discese nei crateri di vulcani, ricerche di popolazioni sperdute e sconosciute: viaggi che poi documentò – con l’abilità del grande fotoreporter – in celebri servizi pubblicati dal settimanale Epoca e in numerosi volumi.

Negli ultimi anni una serie di riconoscimento – dalla Legion d’Onore al Piolet d’Or, massimo alloro per un alpinista – hanno mitigato la sua amarezza per le vicende del K2. Ma il tributo che senz’altro a lui sarebbe stato più gradito è quello dedicatogli in queste ore dall’amico Reinhold Messner: «Uno degli alpinisti più grandi della storia, l’ultimo alpinista tradizionale, fortissimo in tutte le discipline. Walter era però soprattutto una bellissima persona, tollerante e amorevole. Ci lascia un grande testamento spirituale, quello di un uomo pulito».