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Riflessione

Un lavoro in cui sussiste l’aspetto umano

La figura del “famulus” come modello nel rapporto di collaborazione domestica

di Maria Luisa MENOZZI CANTELE

28 Febbraio 2017

Il diritto romano conosceva la figura del famulus perché assolveva ai compiti della casa, abitava nella casa dove godeva, diremmo oggi, di vitto e alloggio.

È importante soffermarsi sul vocabolo famulus che richiama il vocabolo familia.

Il famulus, oltre che collaborare, viveva nella famiglia tanto da assumere aspetti rilevanti nascenti dal contatto continuo, dalla convivenza. Il termine evoca aspetti che, soprattutto ai nostri giorni, sono andati affievolendosi o anche scomparendo.

La famiglia attuale ha indubbiamente bisogno di aiuti per accudire alla casa, per assistere ai bambini, agli anziani e agli ammalati. Sono molteplici le situazioni in cui la famiglia richiede questa collaborazione per le quali sono dettate norme contrattuali specifiche che le parti sono tenute ad osservare.

Al di là delle norme contrattuali, sussiste, tuttavia o meglio dovrebbe sussistere, l’aspetto umano. Il famulus diventava il famigliare; ora, il collaboratore, soprattutto se assiste gli anziani o gli ammalati dovrebbe dare all’assistito e alla sua famiglia la sua partecipazione umana. Un impegno indubbiamente gravoso che si articola tra due diverse esigenze, l’interesse contrattuale da un lato e il bisogno di comprensione, di aiuto sollecito dall’altro.

Non è facile raggiungere sempre, con reciprocità, questi obbiettivi; per questo si dovrebbe richiamare la figura del famulus come modello.

Per completare il quadro con leggerezza, proponiamo la lettura della poesia in milanese “Scherz de Carneval” scritta dalla signora Ella Torretta che dipinge con garbata ironia la sorpresa cui è andata incontro la “sciora bona” che ha agevolato, in tutto e per tutto, e forse un po’ troppo la sua colf, accolta a 15 anni “senza cà, daneè, amis” e “diventada de la cà ormai padròna”!