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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Turchia

Santa Sofia deve rimanere custode della sua storia

Fa discutere la decisione di Erdogan di farla tornare definitivamente moschea

di Maria Luisa MENOZZI CANTELE

18 Settembre 2020

Per chi arriva dal Bosforo, l’incontro con Santa Sofia apre immediatamente la mente a mille emozionanti considerazioni. È la prima immagine di un Oriente ai più sconosciuto, ma che si impone sottolineando il contrasto con il consueto e noto profilo di qualsiasi altra città dell’Occidente. I minareti e la grandiosa cupola fanno pensare ad un mondo così diverso da quello abituale e suscitano emozioni intense di grande stupore.

Nonostante i secoli trascorsi, Santa Sofia trionfa imponente e fa pensare non solo per la sua indiscutibile bellezza ma per quanto è capace di evocare. La sua cupola è alta quanto la cupola di San Pietro, l’altro grandioso simbolo della cristianità. Ma Santa Sofia è ricca di altri significativi simboli; all’esterno i minareti testimoniano l’appartenenza ad un altro culto. Infatti Santa Sofia, che dal 537 al 1453 è stata cattedrale ortodossa, sede del Patriarcato di Costantinopoli, tra il 1204 e il 1261 fu convertita dai crociati a cattedrale cattolica di diritto romano, il 29 maggio 1453 divenne moschea ottomana fino al 1931; l’1 febbraio 1935 fu sconsacrata e divenne moschea per volere di Mustafa Kemal Ataturk mantenendo i simboli cristiani ed islamici.

All’interno gli splendidi mosaici che rivestono la cupola e le pareti parlano di Dio Padre, il Dio della religione cristiana; però sempre all’interno le eleganti scritte calligrafiche in arabo documentano l’appartenenza al culto islamico. Al visitatore non rimane che osservare la compresenza di due culti così importanti e diversi e meditare in silenzio.

Si percorre il pavimento marmoreo e sotto le volte così elevate ci si sente infinitamente piccoli, incapaci di renderci conto della grandiosità di questo mistero con la sovrapposizione di due diverse culture.

I simboli religiosi cristiani sono rimasti a testimoniarne le origini accanto a quelli mussulmani. Il mosaico raffigurante l’arcangelo Gabriele, il mosaico della Vergine con Giovanni II Comneno e l’Imperatrice Irene, l’immagine di Gesù nel mosaico Deesis e accanto a questi importanti simboli i tre mausolei di Mehmet III, di Selim II, il più antico, e il mausoleo in cui venne sepolto nel 1599 Murat III, padre di 103 bambini.

L’ultima notizia è però la decisione di Erdogan di far tornare definitivamente Santa Sofia una moschea suscitando inevitabilmente le proteste degli ortodossi.

Anzi venerdì 24 luglio scorso si è conclusa la prima solenne preghiera islamica e migliaia di fedeli si sono radunati all’esterno nelle aree dedicate alla preghiera, né si potrà meditare sotto le imponenti volte il valore dei cambiamenti, il superamento delle vicende storiche.

Si cancellano così le sue origini, creando la difficoltà di riconoscere il messaggio che un importante monumento ha voluto nei secoli rappresentare.

Ma Santa Sofia, al di là delle diverse e contrastanti destinazioni, nell’immagine di chi ha avuto l’occasione di conoscerla rimarrà sempre un grandioso immutabile simbolo, custode di imperdibili emozioni che non dovrebbero essere cancellate nonostante le mutate destinazioni. Santa Sofia deve rimanere la custode della sua storia e delle emozioni che ha suscitato e che ancora potrebbe suscitare.

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