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Una “Avenida” di speranza

Il servizio attivato dalla Caritas Ambrosiana attraverso un'unità di strada e case d'accoglienza per aiutare le prostitute a cambiare vita

5 Giugno 2008

18/03/2008

«Il nostro servizio, tratta e prostituzione, e’ nato a partire dall’osservazione del fenomeno che negli anni Novanta era molto visibile: la prostituzione in strada delle straniere, inserite in un contesto criminale molto organizzato, che partiva dal reclutamento dai Paesi di origine e le trasferiva in Italia in condizioni di sfruttamento estremo».

Sabrina Ignazi, collaboratrice dell’Area tratta e prostituzione della Caritas Ambrosiana (tel. 02.76037252; donne.ambrosiana@caritas.it), racconta le origini di un servizio che da oltre 15 anni vede l’organismo in prima linea. Anche se c’è stata un’evoluzione del fenomeno: «Ora ci sono forme sempre più sottili di adescamento. Il problema è far capire alle ragazze che lo sfruttamento c’è ancora e pesante, anche se loro pensano di avere un ruolo contrattuale con lo sfruttatore. Il fatto che una parte minima del guadagno rimanga a loro, fa ritenere di essere relativamente libere».

Oggi il “borsino” della tratta registra una discesa delle albanesi e un boom delle rumene. «Hanno metodi di reclutamento nei Paesi di origine più raffinati – sottolinea Ignazi -. Le ragazze vengono illuse, con la prospettiva di venire a lavorare in Italia nel mondo dello spettacolo. Oppure q ualcuno sa che verrà a prostituirsi, ma poche conoscono le condizioni in cui lo dovranno fare».

Molto robusta anche la presenza delle nigeriane, che restano sulla strada per più tempo, dimostrando che il condizionamento è molto profondo. Anche perché le stesse famiglie hanno investito su di loro: inviano a casa quel poco che danno loro le maman che le controllano.

La Caritas Ambrosiana è presente sul territorio anche direttamente attraverso l’unità di strada “Avenida” (tel. 335-7300436; udsavenida@caritas.it). «Usciamo un paio di volte la settimana di notte, contattiamo le donne per sensibilizzarle e informarle sulle possibilità di lasciare la prostituzione, cercando di capire se hanno necessità sanitarie, perché le condizioni di salute non sono ottimali: si alimentano in modo approssimativo, stanno al freddo – sottolinea Ignazi -. Con altri 4 gruppi di unità di strada si cerca di coprire il maggior territorio possibile evitando sovrapposizioni. Noi ci muoviamo a Milano e nella prima cintura nord (Bruzzano, Bresso), altri nel Magentino, a Tradate e a Bergamo. Con loro abbiamo istituito un Osservatorio per raccogliere dati».

Nel 2007 “Avenida” ha incontrato 350 donne e realizzato 1251 contatti: in prevalenza rumene, che vengono spostate più frequentemente sul territorio; nigeriane; sudamericane, soprattutto dell’Ecuador. La Caritas, attraverso la cooperativa “Farsi prossimo”, gestisce case protette di prima accoglienza di 8 posti: la donna entra, segue un progetto di un anno, ottiene un permesso di soggiorno per motivi umanitari, che può convertire in lavoro e proseguire l’inserimento.

Per la seconda accoglienza ci sono due appartamenti per cinque posti: le ragazze hanno un lavoro, contribuiscono alle spese di gestione della casa e hanno un po’ di tempo per cercare un’abitazione autonoma. Oggi sono in prevalenza le nigeriane a intraprendere questo percorso per lasciare la strada. Tra l’altro la Caritas fa parte del “Forum sulla prostituzione” insieme a Cgil, Cisl e Uil. A fine maggio organizzerà un incontro pubblico con la presentazione di un report sull’attività svolta in questi anni e un dibattito sui 50 anni della legge Merlin. (p.n.)