Digital life è la nuova frontiera che caratterizza l’informazione, che ognuno tende a costruirsi personalizzando sempre più il proprio palinsesto. Con una grande differenza tra le fasce giovanili e quelle più mature. Per conoscere più in profondità la nuova realtà è utilissimo il Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, giunto all’undicesima edizione. Un osservatorio che delinea la profonda trasformazione determinata dall’avvento di Internet. Gli under 30 sono infatti i protagonsiti dell’evoluzione digitale: il 90,4% dei giovani si connette alla Rete, l’84,4% tutti i giorni, il 73,9% per almeno un’ora al giorno, il 46,7% con il Wifi. Per informarsi usano Facebook (il 71%), Google (65,2%) e YouTube (52,7%). Il 66,1% ha uno smartphone e il 60,9% scarica le app sul telefono o sul tablet.
Il dato emergente è proprio la personalizzazione dei palinsesti informativi. Per informarsi lo strumento condiviso da quasi tutti è il telegiornale: l’86,4% degli italiani (erano l’80,9% nel 2011), mentre calano sia i periodici (settimanali e mensili scendono dal 46,5% al 29,6%), sia i quotidiani (quelli gratuiti hanno perso il 16,6% in due anni, quelli a pagamento l’8,5%). A crescere sono invece i motori di ricerca come Google (arrivati al 46,4% di utenza per informarsi nel 2013), Facebook (37,6%), le tv all news (35,3%) e YouTube (25,9%). Le app informative sugli smartphone raddoppiano (14,4%) e Twitter passa dal 2,5% al 6,3%. Ma per i giovani under 30 il dato riferito ai telegiornali (75%) è ormai molto vicino a quello di Facebook, Google e YouTube.
Stabili anche i quotidiani online (+0,5%), in crescita gli altri portali web di informazione, che contano l’1,3% di lettori in più rispetto allo scorso anno (34,3%).
«Nel nuovo ambiente digitale i contenuti acquistano nuova centralità, perché si spostano liberamente da uno strumento all’altro e mantengono vitalità nel tempo – sottolinea Andrea Melodia, presidente dell’Ucsi, l’associazione dei giornalisti cattolici (www.ucsi.it) -. Per un altro verso i contenuti sono aggrediti da nuovi caratteri negativi, di ordine sia quantitativo sia qualitativo (sono troppi, in teoria li potrebbero realizzare tutti, non sono controllati e professionali, si diffondono senza rispettare il copyright e la privacy, li si pretende gratuiti ma non lo sono…). Nella realtà i contenuti sono sì sempre più crossmediali, ma non per questo meno complessi da realizzare; e anche i contenitori che li preservano e diffondono sono sempre più diversificati e tecnologicamente avanzati. La interconnessione digitale c’è, ma ha costi elevati e non è incontrastata. In questo momento è l’informazione stampata a soffrire maggiormente. Possiamo dire che i nuovi contenuti sono creati e usati soprattutto dai giovani e pagati soprattutto dagli anziani».