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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Regole da aggiornare

Quale tv per i “nativi digitali”?

Ricostituito il Comitato Media e Minori. Il nuovo presidente Maurizio Mensi:
«Urge un nuovo slancio educativo, a fianco di famiglie e scuola»

di Vincenzo CORRADO

28 Ottobre 2013

Quindici membri in rappresentanza di emittenti radiotelevisive, associazioni di utenti e Istituzioni. È composto così il Comitato Media e Minori, che si è insediato il 23 ottobre a Roma, dopo quasi due anni di assenza. Ricostituito con decreto del 17 luglio scorso su iniziativa del viceministro dello Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà, il Comitato ha il compito di assicurare, attraverso un’attività di monitoraggio e di controllo, l’applicazione del Codice di autoregolamentazione “Tv e Minori”, nato nel 2002 come atto di autodisciplina delle emittenti radiotelevisive e successivamente diventato oggetto di un obbligo di legge per tutte le emittenti attive in Italia. Ma compito del Comitato è anche promuovere iniziative di educazione e sensibilizzazione all’uso corretto dei media, rivolte a scuole, famiglie e al pubblico in generale. E non solo… Ne parliamo con il nuovo presidente Maurizio Mensi, già Avvocato dello Stato, funzionario della Commissione europea e direttore del Servizio giuridico dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ora professore di Diritto pubblico dell’economia e di Diritto dell’informazione e della comunicazione all’Università Luiss “Guido Carli” di Roma.

Quali sono le principali questioni sul tappeto oggi per il Comitato?

«Il primo compito sarà quello di esaminare le segnalazioni pendenti e, al contempo, promuovere l’adeguamento e la revisione delle regole del Codice al mutato quadro di riferimento tecnologico. Il Comitato deve, infatti, diventare sempre più uno strumento al servizio del cittadino e delle Istituzioni, in stretto raccordo con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i Comitati regionali delle comunicazioni, che sia tale da assicurare una risposta tempestiva a tutte le segnalazioni, attraverso un meccanismo d’interazione con il cittadino che sia trasparente, rapido ed efficace».

Il Comitato è nato per un settore radiotelevisivo analogico, dopo undici anni è chiamato ad aggiornarsi, adeguandosi al mutato quadro tecnologico. In che modo intervenire con strumenti efficaci e adeguati alle nuove tecnologie?

«Da quando il Codice è stato sottoscritto sono trascorsi undici anni di profonde innovazioni tecnologiche che consentono ora ai giovani di costruire il proprio palinsesto in maniera del tutto autonoma e indipendente dalla programmazione proposta dalle grandi reti generaliste e tematiche. Otto milioni di ragazzi e bambini, circa il 13% della popolazione, sono “nativi digitali” per i quali è soprattutto Internet lo strumento di maggior utilizzo. Tuttavia, come emerge dai risultati di una recente ricerca dell’organismo di regolamentazione inglese (“Children and Parents: Media Use and Attitudes”), anche se la fruizione di contenuti avviene attraverso nuovi dispositivi e non più attraverso lo schermo tradizionale, la programmazione televisiva riveste un ruolo fondamentale per i bambini di età compresa tra i 5 e i 15 anni. Ecco perché, per non trovarsi a combattere una battaglia “di retroguardia”, il Comitato dovrà sollecitare fin da ora l’aggiornamento delle regole del Codice del 2002, per renderlo applicabile alle piattaforme dei “nuovi media” e più in generale alla multimedialità, affinando tecniche e modalità d’intervento in linea con i migliori esempi internazionali e alla luce dei contenuti del Libro Verde (Commissione Europea, 24-4-2013, ndr.)».

I pronunciamenti del Comitato sono quasi sempre visti come qualcosa di negativo, “in difesa di…”. È possibile ribaltare il quadro e guardare al positivo che c’è?

«Sono convinto che un impegno serio e realmente proficuo, non possa fondarsi soltanto sull’impianto repressivo, ma su un’azione di promozione e sensibilizzazione di una cultura che promuove e tutela l’infanzia. Non è, infatti, sufficiente che la programmazione sia sicura, ma è importante che sia anche di qualità. Occorre svolgere un’azione di sostegno a programmi che propongano esempi positivi, stimolando i giovani all’approfondimento, incentivando la cultura del “bello” e del “buono”, e che siano portatori di valori positivi: la solidarietà, il dialogo, il rispetto degli altri, l’educazione a una cittadinanza responsabile. Soltanto in tal modo si potrà fornire un utile ausilio alla famiglia, a cui è affidata la principale responsabilità educativa».