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La fiction su Mennea

Grazie Pietro, «Freccia del Sud»

Ecco lo sguardo e il giudizio di un giornalista sportivo di Bari che “Pierino” lo ha conosciuto bene, ne ha conquistato la fiducia e ha anche raccolto i suoi sfoghi. Il lavoro di Ricky Tognazzi e degli attori è più che positivo, soprattutto perché le due puntate hanno permesso al grande pubblico, ai giovanissimi, di conoscere un personaggio che a livello sportivo ha dato tantissimo all’Italia

di Carlo GAGLIARDI

31 Marzo 2015

Pietro Mennea era davvero così? Il grande campione barlettano, per 17 anni detentore del record mondiale dei 200 metri, è stato rappresentato fedelmente nella fiction di Rai1? È la domanda che si sono posti in molti. Diciamo subito che la ricostruzione del personaggio è molto valida soprattutto grazie all’interpretazione di Michele Riondino, attore che si è calato nella parte del velocista pugliese con grande umiltà, risultando alla fine quasi perfetto. È giusto anche sottolineare che la personalità di Pietro era molto complessa e, quindi, non facilmente adattabile a una fiction, cioè a uno spettacolo di per se stesso romanzato. Già, il lavoro di Ricky Tognazzi non poteva smarcarsi dal concetto di “finzione” che miniserie analoghe sono costrette a rispettare. In complesso, però, fatta eccezione per alcuni particolari, il prodotto è risultato molto vicino alla realtà ed è scivolato via gradevolmente.

L’emozione è stata grande per noi che abbiamo vissuto da vicino la vita sportiva di Pierino (così era chiamato in ambito familiare), i momenti più importanti della sua carriera, ritrovando negli spezzoni dei filmati personaggi e luoghi ormai appartenenti alla storia sportiva della nazione. Colpisce la ricostruzione della casa in cui è vissuto per molti anni, ricordare la semplicità di mamma Vincenza e la passione di papà Salvatore o riportare alla memoria lo stanzone in cui troneggiava il tavolo immenso, utile a svolgere il lavoro di sarto, essenziale per mandare avanti tra mille difficoltà il ménage quotidiano. Forse è stato dato poco spazio alla sorella Angela, valido punto di riferimento per tutti coloro che si avvicinavano, a qualsiasi titolo, alla famiglia Mennea.

Il periodo dell’Avis Barletta, col felicissimo riferimento ai vari Pallamolla e Acquafredda, oltre che fedelmente ricostruito è stato ben interpretato dai vari attori. Forse il professor Mascolo è parso meno introverso di quanto in realtà fosse. Ma anche in questo caso a comandare è stato l’adattamento al concetto di fiction.

Bene anche la lite con i “polentoni” a Termoli. Spesso, nella vita di Pietro, si sono scontrati gli interessi del Nord e del Sud, ma mai il giovane campione si sarebbe sognato di fare un “pernacchio” in pubblico, lui tanto introverso e poco propenso a ruoli da protagonista al di fuori dell’atletica. A proposito di liti, storica quella sulla pista dello Stadio della Vittoria di Bari con Livio Berruti, conclusa con una mini spedizione punitiva dei parenti del barlettano, e saggiamente non riportata nella fiction. Si sa, in ambito sportivo l’antagonismo tra vecchi e nuovi campioni difficilmente finisce con uno scambio di mazzi di fiori.

E veniamo a ciò che, a nostro parere, ha allontanato la fiction dalla realtà. Eccessiva, a volte addirittura ingombrante, la presenza femminile. Quando era nel pieno dell’attività agonistica Pietro non si sarebbe mai sognato di correre dietro a una ragazza. Non ne aveva il tempo. Le sue giornate avevano un menù fisso: allenamento, allenamento e allenamento. Le poche ore sottratte al lavoro in pista o in palestra erano dedicate allo studio. In quella fase della sua vita l’unico vero amore era l’atletica. Null’altro. Utile solo ai fini della fiction, quindi, la presenza di Manuela, in realtà conosciuta quando l’attività agonistica era stata conclusa da tempo.

In più spesso il professor Vittori, cioè Barbareschi, sopravanza il personaggio Mennea. In realtà, pur avendo avuto un ruolo decisivo, a livello sia tecnico, sia personale, nella carriera di Pietro, il bravo allenatore non ha mai oscurato l’atleta. La sua presenza si è sempre percepita, molto raramente è stata in primissimo piano.

In conclusione il giudizio sul lavoro di Ricky Tognazzi e degli attori è più che positivo, soprattutto perché le due puntate hanno permesso al grande pubblico, ai giovanissimi, di conoscere un personaggio che a livello sportivo ha dato tantissimo all’Italia. Tutta la carriera del barlettano, culminata nella conquista dell’oro olimpico a Mosca e ancor prima nell’aver migliorato il record mondiale dei 200 metri, meritava di essere conosciuta anche da chi non ha avuto la fortuna di vivere molto da vicino quei magici momenti, di gioire, di emozionarsi.

Certo, Pierino aveva un carattere forte, era determinato, in alcune circostanze addirittura testardo, non era semplice stare sempre sulla sua lunghezza d’onda ma essere riusciti a conquistare la sua fiducia, aver raccolto in alcuni casi i suoi sfoghi ha arricchito e agevolato la nostra crescita non solo professionale. Oltre allo sport, all’atletica, sono in molti a dover dire: «Grazie Pietro, splendida Freccia del Sud».