08/09/2008
di Luisa BOVE
Nel suo nuovo Percorso pastorale il cardinale Dionigi Tettamanzi dedica ampio spazio al tema della scuola, un ambito che considera fondamentale per l’educazione e il futuro delle giovani generazioni. Il compito educativo, che vede al centro la famiglia, coinvolge genitori e insegnanti, chiamati sempre di più a collaborare tra loro per raggiungere obiettivi comuni. L’Arcivescovo parla di “alleanza educativa”, un’espressione che piace ai due soggetti coinvolti. «Èimportante che l’alleanza ci sia da entrambe le parti», chiarisce Franca Marchesi, insegnante di lettere alla Scuola Media “Giovanni Falcone” di Cassina de’ Pecchi presso l’Istituto comprensivo di materna, elementare e media.
«Da parte della scuola ci deve essere un coinvolgimento nei confronti delle famiglie sugli aspetti educativi. Il dialogo infatti non deve essere solo sul rendimento scolastico». La docente non esclude che possano esserci anche scontri, «ma poi bisogna arrivare a intese sui rispettivi ruoli e obiettivi educativi importanti per i ragazzi». Nei colloqui genitori e insegnanti devono andare «oltre il programma e il rendimento scolastico per affrontare le questioni educative».
«Non bisogna dimenticare che la responsabilità educativa è sempre dei genitori», dice Stefano Portioli, presidente dell’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche) di Milano e padre di due figli ormai grandi, «la scuola però diventa uno strumento privilegiato dei genitori perché possano meglio affrontare questa responsabilità».
Portioli vede spesso mamme e papà «coinvolti in attività marginali, come l’organizzazione di feste o la raccolta fondi per finanziare iniziative», mentre il loro coinvolgimento potrebbe essere su aspetti più significativi rispetto al percorso scolastico dei ragazzi. «Di fronte ad alcune situazioni relazionali che si creano in classe – aggiunge Portioli -, se genitori e insegnanti concordassero insieme le strategie, si eviterebbero o diminuirebbero certi episodi di bullismo balzati alla cronaca».
Certo il rapporto tra questi due soggettivi «non può essere lasciato al caso», aggiunge Marchesi. «Io però sono convinta che bisogna evitare di considerare i genitori come clienti o consumatori rispetto alla scuola. Ci sono colleghi che non danno compiti ai ragazzi perché le famiglie che vanno a fare il week end non vogliono. Questo non mi sembra accettabile, perché ogni insegnante è responsabile del progetto formativo di ogni alunno e dell’intera classe, quindi – pur coinvolgendo le famiglie – deve decidere in piena autonomia. La responsabilità però non deve essere lasciata al singolo professore».
Per Graziano Biraghi, preside presso l’Istituto comprensivo “Preziosissimo Sangue” di Monza e presidente regionale dell’Associazione italiana maestri cattolici (Aimc), «l’alleanza educativa tra insegnanti e genitori oggi è più difficile perché, da una parte la scuola non riesce a comunicare bene e spesso si limita al raggiungimento dei risultati, agli esiti delle valutazioni e delle singole prove. E così manca un coinvolgimento educativo e l’idea di una società futura. Dall’altra i genitori vivono in un contesto sociale e lavorativo in cui gli aspetti della quantità e dell’esteriorità sono maggiormente evidenti, quindi fanno fatica a coinvolgersi sul senso delle scelte e sulla dimensione legata al valore dell’esistenza».
Per Biraghi invece bisogna «valorizzare la responsabilità di ciascuno», anche se «è molto difficile, perché c’è un clima di sospetto». Ècome se i genitori si preoccupassero solo dei voti che prendono i loro figli. «La valutazione infatti dà l’accesso alla “carriera” scolastica», spiega il preside, in realtà ci sono altre attenzioni da avere, ad esempio nei confronti «dei ragazzi che fanno fatica o di quelli che non vogliono studiare». Il fatto è che «è più facile scaricare su altri le responsabilità, che non chiedersi dove si è sbagliato», continua Biraghi. «Questo avviene da entrambe le parti, il problema infatti attraversa la scuola e la famiglia».
Tuttavia il preside non si scoraggia e riconosce anche «un risveglio», quasi una nuova «tensione», che fa guardare con più ottimismo al futuro della scuola italiana. Non si arrende neppure Marchesi, che da anni insegna alle medie e dice: «Noi scommettiamo tutti i giorni, anche se è sempre più difficile, per questo ci vuole “una marcia in più”. A volte non è facile trovare un punto di incontro con i genitori che, soprattutto alle medie, cercano di proteggere i figli». Ma la difesa a oltranza rischia di ridurre agli occhi dei ragazzi la credibilità di entrambe le istituzioni (scuola e famiglia), per questo l’alleanza tra le due «va preparata e potenziata, specie in un momento come questo in cui tanti problemi educativi vengono a galla».
Èlo stesso Arcivescovo a sottolineare che spesso i genitori, quando i figli iniziano a frequentare le medie, tendono ad «abdicare» al loro ruolo. Non solo, aggiunge Marchesi, «ma si ritiene che la scuola debba esaurire tutte le necessità dell’alunno (studio, educazione, orientamento…), mentre la famiglia ne prende le difese quando qualcosa non funziona». E aggiunge: «Si passa da atteggiamenti iper-protettivi della madre che prepara ancora la cartella al figlio, trattandolo come un bambino piccolo, ad atteggiamenti di eccessiva autonomia con genitori che dicono: “Ormai sei grande, ti devi arrangiare”».