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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Dumenza, professione monastica

Venerdì 11 luglio l'Arcivescovo presiederà il rito nel monastero sopra Varese

15 Luglio 2008

08/07/2008

di Andrea GIACOMETTI

Un angolo di spiritualità monastica in Val Dumentina, un’oasi di impegno manuale e di ascesi spirituale secondo i più puri dettami di San Benedetto. Verrà qui venerdì 11 luglio il cardinale Tettamanzi, per presiedere il rito di professione monastica.

Si deve imboccare una strada piuttosto ripida, che si inerpica per la montagna a picco sul Lago Maggiore, per raggiungere, a circa mille metri di altitudine, la frazione Due Cossani di Dumenza, in provincia di Varese. Qui, in uno spazio che si apre davanti agli occhi dei pellegrini, o dei semplici curiosi, sorge un edificio moderno, frutto di una laboriosa ristrutturazione, alla quale hanno contribuito istituti bancari, la Diocesi, ma anche parrocchie e fedeli con le loro offerte.

Lavori imponenti, quelli realizzati, che hanno costruito da zero un’intera ala per creare un chiostro e una biblioteca da 20 mila volumi, tutti testi sacri. Gli ambienti sono ampi e luminosi, con otto camere per i forestieri che vogliono venire qui a cercare un po’ di quiete e di riflessione. È l’edificio in cui vive, da qualche anno, la comunità monastica benedettina della Santissima Trinità.

Lasciata l’abbazia di San Giovanni a Vertemate, in provincia di Como, dove avevano vissuto 13 anni, i monaci cercavano un luogo adeguato alla loro presenza. Per intercessione del cardinale Carlo Maria Martini, e per il suo vivo interesse nei confronti della spiritualità monastica, i 13 monaci benedettini si sono rivolti al Varesotto e sono approdati sulle sponde del Lago Maggiore, in una colonia estiva abbandonata che era appartenuta alla Compagnia di San Paolo.

È stato lo stesso cardinale Martini, il 12 agosto 2002, a benedire la croce del nuovo monastero della Santissima Trinità, mentre è toccato al successore, cardinale Tettamanzi, nel luglio 2006, inaugurare ufficialmente il monastero. In quell’occasione l’Arcivescovo si rivolse ai monaci con parole di sincero affetto e apprezzamento: «Voi non siete al confine della Diocesi di Milano, ma siete al centro della Diocesi e dei nostri cuori».

Come spesso ricorda il priore, padre Adalberto Piovano, il monastero intende essere un punto di riferimento e un richiamo al primato di Cristo e della sua Parola. Per questo la porta del monastero è aperta a tutti coloro che vogliono condividere preghiera e ricerca spirituale, in uno spazio e in un tempo di silenzio, di raccoglimento e di dialogo.

Per quanto riguarda l’attività, il labora – per San Benedetto dimensione che non si disgiunge dall’ora -, fin dalla presenza nel territorio comasco, e ancora oggi a Dumenza, il monastero resta uno dei più significativi laboratori di restauro del libro antico. Grazie alla precisione amanuense dei monaci, manoscritti di grande pregio, colpiti dal tempo, sono tornati a splendere: è il caso di una Divina Commedia del 1300, con le glosse di Giovanni Alighieri, figlio di Dante. D’altra parte la Biblioteca Ambrosiana è una delle maggiori committenti del monastero.

Oltre al libro antico, da qualche anno si è aperto anche un piccolo laboratorio di iconografia. Esemplari di arte sacra che hanno cominciato a essere usati nella liturgia della stessa comunità monastica; poi, attraverso i frequentatori del monastero, sono state richieste anche da privati, istituti religiosi e parrocchie. Infine ci sono i monaci che si dedicano al servizio dell’ospitalità e alla collaborazione culturale per realizzare libri e opuscoli religiosi.