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Caritas Ambrosiana

Volontari in Abruzzo, una vacanza alternativa

«Non siamo impegnati nelle ricostruzioni delle case o negli sgomberi di macerie, ma stiamo vicini alle persone», spiega Alberto Minoia. L'estate dei 250 milanesi che dormono in tenda e si pagano viaggio e vitto

di Filippo MAGNI Redazione

23 Luglio 2010

Duecentocinquanta milanesi hanno scelto di impegnare le loro vacanze estive recandosi in Abruzzo per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto del 6 aprile 2009. Sono i volontari coordinati dalla Caritas Ambrosiana: lavorano a L’Aquila in turni da una o due settimane. Dormendo in tenda e pagandosi viaggio e vitto.
«La maggior parte di loro ha tra i 18 e i 30 anni, ma non mancano anche gli adulti fino a 60 anni», spiega Alberto Minoia, responsabile delle emergenze per la Caritas Ambrosiana e incaricato lombardo dell’associazione per il progetto legato alla ricostruzione in Abruzzo. «A 15 mesi dal sisma la situazione a L’Aquila è ancora preoccupante – aggiunge -. Se è vero che buona parte degli aquilani oggi ha un tetto sotto cui dormire, non si può dire che i problemi siano finiti».
Ne è un esempio emblematico il quartiere di Bazzano, precisa Minoia: «Prima del sisma vi risiedevano poche centinaia di persone. Oggi, grazie al piano case attuato dal governo, sono stati costruiti alloggi per 2.700 aquilani. Mancano però i servizi, e non sono previsti: non c’è la posta, non c’è la farmacia, non ci sono negozi». Ne consegue che «un piccolo quartiere è forzatamente diventato un paese, non in grado di reggere un improvviso aumento demografico».
In questo quadro si inserisce il ruolo dei volontari Caritas. «Non siamo impegnati nelle ricostruzioni delle case o negli sgomberi di macerie, ma stiamo vicini alle persone», racconta Minoia. I ragazzi milanesi accompagnano a effettuare visite mediche chi non ha possibilità di guidare, animano i pomeriggi dei bambini, riattivano servizi quali i Centri d’ascolto, organizzano serate a base di pizza e film. Lo scopo è chiaro, dice Minoia: «Cerchiamo di favorire la creazione di legami tra i cittadini. Prima del terremoto ciascuno aveva una rete di amicizie e rapporti di vicinato su cui sapeva di poter contare. Lo strappo della normalità e la dispersione seguite agli sfollamenti hanno reso le persone sole. Molti hanno perso i loro punti di riferimento e si sono chiusi in loro stessi».
I volontari della Caritas Ambrosiana lavorano nelle parrocchie dei quartieri di Onna, Tempera, Camarda, Paganica, Bazzano, San Gregorio, Monticchio, Filetto, Pescomaggiore, Assergi: centri della cintura est de L’Aquila. Si è creato una sorta di gemellaggio tra Milano e queste comunità e anche con la Caritas siciliana, accoppiata ai lombardi nella cura delle stesse aree.
Agnese Pagani, 22 anni, residente ad Appiano Gentile e fresca di laurea, è partita pochi giorni fa per l’Abruzzo. «Ho scelto di vivere questo servizio per toccare con mano la situazione. Mi sono detta: se a un anno dal terremoto cercano ancora volontari, forse posso essere utile anche io». Il bilancio, a metà dell’esperienza, è positivo: «Siamo stati tutti ben accolti dagli aquilani, sembra proprio che aspettino noi volontari e il poco che possiamo fare. Apprezzano che li trattiamo da persone e non da “terremotati”». Le fa eco Serena Alfano, amica ragusana conosciuta proprio grazie alla collaborazione tra la Caritas lombarda e quella siciliana. «La situazione abitativa è meglio di come la immaginassi, i veri problemi sono nell’ambito della socializzazione, moltissimi si isolano nei propri appartamenti, soprattutto gli anziani che non riconoscono più i luoghi in cui hanno vissuto».
C’è un’espressione ricorrente, spiega Minoia, tra i volontari che tornano a casa dopo una o due settimane a L’Aquila: «Adesso finalmente abbiamo capito». Capito, precisa, «che costruire case non è sufficiente per costruire una città. Che certi luoghi ancora oggi sembrano una fotografia di 15 mesi fa: distrutti, coperti dalle macerie. In Abruzzo oggi si capisce che l’uomo, oltre alla casa, ha bisogno di spazi di aggregazione, ha bisogno di relazioni per vivere». Per questo si sta impegnando Caritas: «Per offrire occasioni di incontro – conclude – tra le persone e mostrare un volto di Chiesa che, attraverso le centinaia di volontari, sa essere vicina alle persone nel momento del bisogno».
Info: www.caritas.it Duecentocinquanta milanesi hanno scelto di impegnare le loro vacanze estive recandosi in Abruzzo per aiutare le popolazioni colpite dal terremoto del 6 aprile 2009. Sono i volontari coordinati dalla Caritas Ambrosiana: lavorano a L’Aquila in turni da una o due settimane. Dormendo in tenda e pagandosi viaggio e vitto.«La maggior parte di loro ha tra i 18 e i 30 anni, ma non mancano anche gli adulti fino a 60 anni», spiega Alberto Minoia, responsabile delle emergenze per la Caritas Ambrosiana e incaricato lombardo dell’associazione per il progetto legato alla ricostruzione in Abruzzo. «A 15 mesi dal sisma la situazione a L’Aquila è ancora preoccupante – aggiunge -. Se è vero che buona parte degli aquilani oggi ha un tetto sotto cui dormire, non si può dire che i problemi siano finiti».Ne è un esempio emblematico il quartiere di Bazzano, precisa Minoia: «Prima del sisma vi risiedevano poche centinaia di persone. Oggi, grazie al piano case attuato dal governo, sono stati costruiti alloggi per 2.700 aquilani. Mancano però i servizi, e non sono previsti: non c’è la posta, non c’è la farmacia, non ci sono negozi». Ne consegue che «un piccolo quartiere è forzatamente diventato un paese, non in grado di reggere un improvviso aumento demografico».In questo quadro si inserisce il ruolo dei volontari Caritas. «Non siamo impegnati nelle ricostruzioni delle case o negli sgomberi di macerie, ma stiamo vicini alle persone», racconta Minoia. I ragazzi milanesi accompagnano a effettuare visite mediche chi non ha possibilità di guidare, animano i pomeriggi dei bambini, riattivano servizi quali i Centri d’ascolto, organizzano serate a base di pizza e film. Lo scopo è chiaro, dice Minoia: «Cerchiamo di favorire la creazione di legami tra i cittadini. Prima del terremoto ciascuno aveva una rete di amicizie e rapporti di vicinato su cui sapeva di poter contare. Lo strappo della normalità e la dispersione seguite agli sfollamenti hanno reso le persone sole. Molti hanno perso i loro punti di riferimento e si sono chiusi in loro stessi».I volontari della Caritas Ambrosiana lavorano nelle parrocchie dei quartieri di Onna, Tempera, Camarda, Paganica, Bazzano, San Gregorio, Monticchio, Filetto, Pescomaggiore, Assergi: centri della cintura est de L’Aquila. Si è creato una sorta di gemellaggio tra Milano e queste comunità e anche con la Caritas siciliana, accoppiata ai lombardi nella cura delle stesse aree.Agnese Pagani, 22 anni, residente ad Appiano Gentile e fresca di laurea, è partita pochi giorni fa per l’Abruzzo. «Ho scelto di vivere questo servizio per toccare con mano la situazione. Mi sono detta: se a un anno dal terremoto cercano ancora volontari, forse posso essere utile anche io». Il bilancio, a metà dell’esperienza, è positivo: «Siamo stati tutti ben accolti dagli aquilani, sembra proprio che aspettino noi volontari e il poco che possiamo fare. Apprezzano che li trattiamo da persone e non da “terremotati”». Le fa eco Serena Alfano, amica ragusana conosciuta proprio grazie alla collaborazione tra la Caritas lombarda e quella siciliana. «La situazione abitativa è meglio di come la immaginassi, i veri problemi sono nell’ambito della socializzazione, moltissimi si isolano nei propri appartamenti, soprattutto gli anziani che non riconoscono più i luoghi in cui hanno vissuto».C’è un’espressione ricorrente, spiega Minoia, tra i volontari che tornano a casa dopo una o due settimane a L’Aquila: «Adesso finalmente abbiamo capito». Capito, precisa, «che costruire case non è sufficiente per costruire una città. Che certi luoghi ancora oggi sembrano una fotografia di 15 mesi fa: distrutti, coperti dalle macerie. In Abruzzo oggi si capisce che l’uomo, oltre alla casa, ha bisogno di spazi di aggregazione, ha bisogno di relazioni per vivere». Per questo si sta impegnando Caritas: «Per offrire occasioni di incontro – conclude – tra le persone e mostrare un volto di Chiesa che, attraverso le centinaia di volontari, sa essere vicina alle persone nel momento del bisogno».Info: www.caritas.it