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44° Rapporto

Censis, una società in sofferenza

Dentro una crisi che non è solo economica

di Andrea CASAVECCHIA Redazione

10 Dicembre 2010

Il 44° Rapporto Censis segnala delle forti difficoltà nella società italiana che dichiara appiattita. Il dato che sembra emergere in maniera evidente è la mancanza di speranza. Gli italiani secondo quanto dichiarano i ricercatori dell’istituto sarebbero in affanno. L’immagine comunicata è quella di una società appiattita, dove le forze attive, dai corpi intermedi alle istituzioni, dalle imprese alle famiglie, faticano a trovare la via per riprendersi dopo lo scossone della crisi economica. Allo stesso tempo le persone sembrerebbero incapaci di reagire. Lo rileva il Rapporto sottolineando da una parte lo scoraggiamento dei giovani e delle donne verso il mercato del lavoro, ma anche quello delle famiglie ad investire i propri risparmi e a cambiare gli stili di consumo.
Il punto nevralgico del fenomeno in cui si sarebbe impigliata la nostra società è individuato chiaramente: “Una legge sempre meno forte si combina con un desiderio sempre meno vigoroso, con un pericoloso declino del giuoco di modulazione esercitato dall’inconscio in ciascuno di noi”. Parole che il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ha spiegato facendo riferimento da una parte alla mancanza di una legge riconosciuta come tale nella nostra società. Le norme che regolano un sistema sociale non sono riconosciute dai cittadini e vengono svilite dalle istituzioni. Dall’altra parte, alla nostra incapacità a desiderare. Oggi gli italiani sono pieni di offerte di consumo, di opzioni, però niente di tutto ciò rende possibile un salto di qualità nello stile di vita. In sintesi non si riesce a trovare qualcosa per cui combattere.
Il messaggio che si può trarre è che la società italiana è in sofferenza, perché sono gli italiani sono insofferenti. Se per quanto riguarda l’analisi il Censis è chiaro, nel suo annuale Rapporto non sembrano essere evidenziate delle possibili strategie di uscita: si chiede un rinnovamento della politica, un investimento nella ricerca per ri-specializzare la produzione industriale, un impegno ai giovani e alle donne a tornare sul mercato del lavoro. Però, alla fine, si conclude che la nostra società italiana potrà uscire da questo stato di sofferenza soltanto se i cittadini “torneranno a desiderare”.
Molto probabilmente occorre il coraggio di ammettere che il nostro ora è un problema di senso e non più di modalità o di strumenti per far ripartire i motori. Si riscopre così l’urgenza di affrontare la questione antropologica, il bisogno di cercare nuovamente i fondamenti della speranza per gli italiani e per la loro comunità. Dalla crisi economica nasce una nuova crisi quella interiore alla quale ancora non abbiamo nemmeno iniziato a rispondere. Il 44° Rapporto Censis segnala delle forti difficoltà nella società italiana che dichiara appiattita. Il dato che sembra emergere in maniera evidente è la mancanza di speranza. Gli italiani secondo quanto dichiarano i ricercatori dell’istituto sarebbero in affanno. L’immagine comunicata è quella di una società appiattita, dove le forze attive, dai corpi intermedi alle istituzioni, dalle imprese alle famiglie, faticano a trovare la via per riprendersi dopo lo scossone della crisi economica. Allo stesso tempo le persone sembrerebbero incapaci di reagire. Lo rileva il Rapporto sottolineando da una parte lo scoraggiamento dei giovani e delle donne verso il mercato del lavoro, ma anche quello delle famiglie ad investire i propri risparmi e a cambiare gli stili di consumo.Il punto nevralgico del fenomeno in cui si sarebbe impigliata la nostra società è individuato chiaramente: “Una legge sempre meno forte si combina con un desiderio sempre meno vigoroso, con un pericoloso declino del giuoco di modulazione esercitato dall’inconscio in ciascuno di noi”. Parole che il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, ha spiegato facendo riferimento da una parte alla mancanza di una legge riconosciuta come tale nella nostra società. Le norme che regolano un sistema sociale non sono riconosciute dai cittadini e vengono svilite dalle istituzioni. Dall’altra parte, alla nostra incapacità a desiderare. Oggi gli italiani sono pieni di offerte di consumo, di opzioni, però niente di tutto ciò rende possibile un salto di qualità nello stile di vita. In sintesi non si riesce a trovare qualcosa per cui combattere.Il messaggio che si può trarre è che la società italiana è in sofferenza, perché sono gli italiani sono insofferenti. Se per quanto riguarda l’analisi il Censis è chiaro, nel suo annuale Rapporto non sembrano essere evidenziate delle possibili strategie di uscita: si chiede un rinnovamento della politica, un investimento nella ricerca per ri-specializzare la produzione industriale, un impegno ai giovani e alle donne a tornare sul mercato del lavoro. Però, alla fine, si conclude che la nostra società italiana potrà uscire da questo stato di sofferenza soltanto se i cittadini “torneranno a desiderare”.Molto probabilmente occorre il coraggio di ammettere che il nostro ora è un problema di senso e non più di modalità o di strumenti per far ripartire i motori. Si riscopre così l’urgenza di affrontare la questione antropologica, il bisogno di cercare nuovamente i fondamenti della speranza per gli italiani e per la loro comunità. Dalla crisi economica nasce una nuova crisi quella interiore alla quale ancora non abbiamo nemmeno iniziato a rispondere.