Share

Africa

Uganda: germogli di pace in una terra martoriata dalla guerra

Parla monsignor Odama, vescovo di Gulu, protagonista di una importante mediazione tra il governo e i ribelli

di Luigi MEANI Ha collaborato Suor Beatrice Afoyocan, Piccola sorella di Maria Immacolata di Gulu Redazione

10 Novembre 2009

In Uganda e sui media internazionali è conosciuto come “il vescovo della pace”. Fine mediatore e lungimirante diplomatico tra il Governo e i ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army), ha informato il mondo della terribile guerra esplosa nei territori dell’Uganda. Monsignor John Baptist Odama, vescovo di Gulu, è stato recentemente in visita in Italia: l’abbiamo incontrato e intervistato.

A che punto sono gli accordi di pace tra l’esercito ugandese e i ribelli?
La discussione tra i delegati del governo ugandese e quello del Lra risale al 28 marzo 2008. Quella che manca adesso è la firma tra i due capi: il presidente Museveni e il capo dei ribelli Josè Kony. Purtroppo non hanno ancora firmato gli accordi di pace perché il governo vuole che Kony firmi per primo. Kony, però, attende maggiori garanzie sul suo futuro dopo la sua firma.

Dall’inizio della guerra, ormai nel lontano 1986, sembra siano morte più di 20 mila persone. Quali le cause di questo profondo e lacerante conflitto?
Si parla addirittura di 100 mila persone con oltre 35 mila bambini rapiti durante il conflitto. Per capire le cause di questa guerra bisogna tornare indietro negli anni. La prima questione è che in Uganda, storicamente, da sempre sono in atto numerosi conflitti etnici. Una seconda questione riguarda la crescita economica, mai distribuita tra la popolazione. Queste le due cause principali, anche se ne esistono anche altre.

Ci può raccontare il dramma dei bambini-soldato? Sarà possibile recuperarli quando le armi finalmente taceranno?
L’unico modo per poter aiutare veramente questi bambini è quello di poter raggiungere un accordo di pace duraturo tra il governo e i ribelli. Una volta liberati, i bambini-soldato dovranno essere seguiti e aiutati in centri di recupero psicologico o nelle comunità. È indispensabile offrire loro un valido aiuto, per sostenerli nel superamento di questi profondi traumi attraverso gesti di sincero affetto. Per questo è primario formare educatori in grado di seguire i bambini nei villaggi dove vivono, introducendoli nuovamente alla cultura e alle tradizioni del posto.

Dal punto di vista sanitario in che condizioni vive la popolazione?
La situazione è grave. Ancora troppi paesi sono privi di servizi sanitari e la gente non è in grado di raggiungere a piedi i punti di soccorso, visto che le strade non sono ancora sicure. Così un numero sempre maggiore di malati decide di soffrire e morire senza cure nella propria abitazione. L’aspetto psicologico e depressivo è un male profondo, che complica il fiorire della pace. In Uganda, da qualche tempo, sono operative unità mobili e un servizio sanitario che si sposta nei villaggi per aiutare la popolazione. Abbiamo però bisogno di più ambulanze per raggiungere e soccorrere anche chi è molto lontano dagli ospedali.

E la diffusione dell’Aids?
Il numero di malati è in diminuzione, anche se rimangono alcune zone dove la malattia è ancora molto diffusa. La situazione è ancora fortemente instabile. La Chiesa ha una posizione molto chiara, che comprende anche il richiamo all’astinenza sessuale prematrimoniale. Chi ha prestato ascolto ha sperimentato una forte diminuzione della malattia; nelle zone dove venivano seguite altre linee di comportamento, la malattia è invece aumentata. Quando il Papa è stato in Africa, vi sono state persone che hanno molto apprezzato le sue indicazioni su questo tema.

Sono molte le persone che abbracciano il cristianesimo?
Nella mia Diocesi continuo a insistere su come la fede vada praticata quotidianamente, perché, come il corpo ha bisogno del nutrimento, così anche la fede ha bisogno di essere nutrita. Noi cristiani siamo chiamati a essere seguaci di Cristo giorno dopo giorno. Il mondo ha bisogno della compassione. Il mondo ha sete d’amore. Il mondo ha bisogno sopratutto dello spirito della riconciliazione e della conoscenza di Dio, visibile nei rapporti con le persone. Se l’uomo dice che Dio non è importante, l’uomo si è già perso. L’uomo ha bisogno della salvezza di Cristo. In Uganda e sui media internazionali è conosciuto come “il vescovo della pace”. Fine mediatore e lungimirante diplomatico tra il Governo e i ribelli dell’Esercito di resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army), ha informato il mondo della terribile guerra esplosa nei territori dell’Uganda. Monsignor John Baptist Odama, vescovo di Gulu, è stato recentemente in visita in Italia: l’abbiamo incontrato e intervistato.A che punto sono gli accordi di pace tra l’esercito ugandese e i ribelli?La discussione tra i delegati del governo ugandese e quello del Lra risale al 28 marzo 2008. Quella che manca adesso è la firma tra i due capi: il presidente Museveni e il capo dei ribelli Josè Kony. Purtroppo non hanno ancora firmato gli accordi di pace perché il governo vuole che Kony firmi per primo. Kony, però, attende maggiori garanzie sul suo futuro dopo la sua firma.Dall’inizio della guerra, ormai nel lontano 1986, sembra siano morte più di 20 mila persone. Quali le cause di questo profondo e lacerante conflitto?Si parla addirittura di 100 mila persone con oltre 35 mila bambini rapiti durante il conflitto. Per capire le cause di questa guerra bisogna tornare indietro negli anni. La prima questione è che in Uganda, storicamente, da sempre sono in atto numerosi conflitti etnici. Una seconda questione riguarda la crescita economica, mai distribuita tra la popolazione. Queste le due cause principali, anche se ne esistono anche altre.Ci può raccontare il dramma dei bambini-soldato? Sarà possibile recuperarli quando le armi finalmente taceranno?L’unico modo per poter aiutare veramente questi bambini è quello di poter raggiungere un accordo di pace duraturo tra il governo e i ribelli. Una volta liberati, i bambini-soldato dovranno essere seguiti e aiutati in centri di recupero psicologico o nelle comunità. È indispensabile offrire loro un valido aiuto, per sostenerli nel superamento di questi profondi traumi attraverso gesti di sincero affetto. Per questo è primario formare educatori in grado di seguire i bambini nei villaggi dove vivono, introducendoli nuovamente alla cultura e alle tradizioni del posto.Dal punto di vista sanitario in che condizioni vive la popolazione?La situazione è grave. Ancora troppi paesi sono privi di servizi sanitari e la gente non è in grado di raggiungere a piedi i punti di soccorso, visto che le strade non sono ancora sicure. Così un numero sempre maggiore di malati decide di soffrire e morire senza cure nella propria abitazione. L’aspetto psicologico e depressivo è un male profondo, che complica il fiorire della pace. In Uganda, da qualche tempo, sono operative unità mobili e un servizio sanitario che si sposta nei villaggi per aiutare la popolazione. Abbiamo però bisogno di più ambulanze per raggiungere e soccorrere anche chi è molto lontano dagli ospedali.E la diffusione dell’Aids?Il numero di malati è in diminuzione, anche se rimangono alcune zone dove la malattia è ancora molto diffusa. La situazione è ancora fortemente instabile. La Chiesa ha una posizione molto chiara, che comprende anche il richiamo all’astinenza sessuale prematrimoniale. Chi ha prestato ascolto ha sperimentato una forte diminuzione della malattia; nelle zone dove venivano seguite altre linee di comportamento, la malattia è invece aumentata. Quando il Papa è stato in Africa, vi sono state persone che hanno molto apprezzato le sue indicazioni su questo tema.Sono molte le persone che abbracciano il cristianesimo?Nella mia Diocesi continuo a insistere su come la fede vada praticata quotidianamente, perché, come il corpo ha bisogno del nutrimento, così anche la fede ha bisogno di essere nutrita. Noi cristiani siamo chiamati a essere seguaci di Cristo giorno dopo giorno. Il mondo ha bisogno della compassione. Il mondo ha sete d’amore. Il mondo ha bisogno sopratutto dello spirito della riconciliazione e della conoscenza di Dio, visibile nei rapporti con le persone. Se l’uomo dice che Dio non è importante, l’uomo si è già perso. L’uomo ha bisogno della salvezza di Cristo. La diocesi di Gulu – Il territorio dell’arcidiocesi di Gulu ha una superficie di circa 28.800 kmq, vicina a quella della Lombardia. Dal 1986 le province del Nord sono dilaniate dalla guerra che vede le bande di guerriglieri del Lord’s Restistance Army (Lra) capeggiate dal leader Joseph Kony. Fino al 2006 si sono susseguiti pesanti combattimenti tra l’esercito governativo e i ribelli. Dal 2006 sono in corso lunghe e faticose trattative di pace.