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Riflessione

Stupri: punire non basta

La repressione doverosa, ma da sola non è sufficiente. Occorre costruire un nuovo modello di relazioni

Roberto DAVANZO Direttore Caritas Ambrosiana Redazione

26 Febbraio 2009

Gli ultimi eventi di violenza sulle donne verificatisi in diverse città italiane ci indignano e ci umiliano. A fronte di questi episodi è certamente legittimo auspicare ed esigere da parte delle forze dell’ordine un maggiore presidio delle città, ma è importante non illuderci: non sarà certo un inasprimento delle pene per chi si dovesse macchiare di questi delitti a garantire alle donne una maggiore sicurezza.
Sappiamo tutti troppo bene che la sola logica repressiva ottiene, forse, un effetto analgesico e un’illusione vendicativa che però svaniscono al solo quietarsi del battage mediatico, spesso finalizzato a canalizzare l’indignazione e la paura della gente verso l’invocazione di interventi improntati alla “sicurezza”. Così come sappiamo fin troppo bene che gli squallidi e inquietanti episodi di violenza nei confronti delle donne sono solo la punta di un iceberg la cui massa sommersa è di ben altra consistenza. Una massa che rappresenta il 90% degli abusi sessuali e che coinvolge uomini e donne di tutti i Paesi e le culture e si sviluppa tra le mura domestiche ad opera di una persona in rapporti di intimità (il partner, il padre, fratelli, zii…) o di persone conosciute (amici, conoscenti, colleghi). Gli ultimi eventi di violenza sulle donne verificatisi in diverse città italiane ci indignano e ci umiliano. A fronte di questi episodi è certamente legittimo auspicare ed esigere da parte delle forze dell’ordine un maggiore presidio delle città, ma è importante non illuderci: non sarà certo un inasprimento delle pene per chi si dovesse macchiare di questi delitti a garantire alle donne una maggiore sicurezza.Sappiamo tutti troppo bene che la sola logica repressiva ottiene, forse, un effetto analgesico e un’illusione vendicativa che però svaniscono al solo quietarsi del battage mediatico, spesso finalizzato a canalizzare l’indignazione e la paura della gente verso l’invocazione di interventi improntati alla “sicurezza”. Così come sappiamo fin troppo bene che gli squallidi e inquietanti episodi di violenza nei confronti delle donne sono solo la punta di un iceberg la cui massa sommersa è di ben altra consistenza. Una massa che rappresenta il 90% degli abusi sessuali e che coinvolge uomini e donne di tutti i Paesi e le culture e si sviluppa tra le mura domestiche ad opera di una persona in rapporti di intimità (il partner, il padre, fratelli, zii…) o di persone conosciute (amici, conoscenti, colleghi). Non ci sono soluzioni facili La violenza nei confronti delle donne è cosa ben più radicata e complessa della brutalità che si scatena dai segmenti più emarginati e abietti della nostra umanità, al punto che da sempre la violenza sulle donne e lo stupro sono uno strumento di dominio, un modo per affermare il “controllo” del maschio nei confronti della femmina. Non ci sono dunque facili soluzioni.Sicuramente la strada da percorrere deve passare attraverso la capacità di indignarci per qualsiasi forma di maltrattamento, specie per quelle più subdole e per quelle che vedono la mercificazione del corpo della donna troppo pacificamente accettata come fatto ineluttabile. Inoltre, diventa sempre più necessario imparare a dirci che va rivisto il modo di concepire il rapporto uomo-donna, nonché una presunta libertà nei costumi che porta con sé conseguenze per certi versi inevitabili.L’invito è a lasciarci mettere in discussione da questi episodi. Non solo indignazione, non solo paura, non solo presidio e repressione: l’obiettivo è ben più impegnativo e riguarda la costruzione di un modello nuovo di relazioni tra uomo e donna, tra marito e moglie, tra padre e figli. C’è di mezzo una formidabile sfida educativa capace di incidere sul piano del rispetto della legalità, ma anche la conquista di un diverso rigore rispetto alla vita e alle persone. C’è in gioco il diritto di un Paese, di un popolo, di esigere da chi proviene da altre culture il rispetto di quei valori che quel popolo ha maturato e conquistato nella sua storia. Ma c’è anche il dovere di quello stesso popolo di mostrare una reale “differenza” nel sapere rispettare la dignità delle persone, di ogni persona. Degli uomini e delle donne.