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Scuola, perché questi ritorni?

Maestro unico, voto in condotta, voti numerici, educazione civica: l'anno scolastico si annuncia ricco di novità, che sono poi riproposizioni di elementi presenti già nel passato. Dietro queste decisioni, però, ci sono delicate questioni educative che meritano riflessioni approfondite e non soluzioni sbrigative

1 Settembre 2008

01/09/2008

di Alberto CAMPOLEONI

«Ordine e chiarezza». Quello che serve alla scuola secondo il ministro Gelmini. E ordine e chiarezza ci si dovrebbe aspettare dalle nuove norme introdotte con decreto dal Consiglio dei ministri. Una serie di ritorni: il voto in condotta, l’educazione civica, i voti numerici invece dei giudizi in pagella. Non solo, il Ministro ha annunciato un altro ritorno: quello del maestro unico nella primaria.

L’operazione, così come si presenta, affronta, nei toni e nel metodo, questioni delicate con decisioni che appaiono non tenere conto di quanto avvenuto nella scuola, nella cultura e nella società negli ultimi decenni. Soprattutto per quanto riguarda la questione del maestro unico.

I voti al posto dei giudizi sono un rimedio popolare al linguaggio non sempre facile che si incontra sui documenti scolastici. Immediatamente si pensa a una maggiore facilità di comprensione della valutazione offerta dal corpo docente. Resta il fatto che dietro i numeri ci sono e ci devono essere operazioni di giudizio articolate, che tengono conto della situazione di partenza degli allievi, degli obiettivi dichiarati dai docenti, del percorso seguito e di tante altre cose.

Questo, nella norma, andava a finire nei giudizi e vale anche la pena che le famiglie siano coinvolte in tutta questa serie complessa di ragionamenti. Poi, certo, la formula finale talvolta finisce per irritare piuttosto che coinvolgere, confondere piuttosto che spiegare… e allora ecco che si guarda con più favore al 7, all’8 o al 5.

Anche sul voto di condotta e sull’educazione civica le decisioni del Ministro possono sembrare quasi obbligate e abbastanza condivise. Il dibattito è aperto da anni e l’obiettivo è migliorare consapevolezza delle responsabilità comuni, sottolineare l’importanza dei comportamenti personali e collettivi.

Chi non conviene? Forse però è troppo lasciar pensare che il voto in condotta sia una risposta (sufficiente) al problema del bullismo. Così come non si può ignorare che da sempre si discute se l’educazione civica, alla cittadinanza, possa o no costituire una disciplina a se stante.

La questione del maestro unico appare invece subito come più complessa. E fa risaltare il metodo seguito per l’annuncio e l’avvio dei provvedimenti, quel metodo che gli studenti di Azione Cattolica, con garbata ironia, hanno bollato «da 5 in condotta».

Non si può, infatti, pensare di regolare per le spicce, magari attraverso la Finanziaria, una questione pedagogicamente delicata (anche le altre lo sono) sulla quale si discute da tanti anni in diverse sedi, con pareri contrastanti. Una questione, tra l’altro, che va a modificare sostanzialmente il rapporto docente-allievo alla base del processo scolastico.

Si dovrebbe forse ricordare, per restare ad anni vicini, come, durante il percorso di elaborazione della riforma Moratti, si mise all’ordine del giorno e si discusse animatamente, una volta di più, a livello pedagogico oltre che politico, la questione del maestro unico nella primaria, in contrapposizione al team di maestri. Si dovrebbero ricordare le tensioni soggiacenti all’individuazione della figura del tutor, poi sostanzialmente respinta dal mondo scolastico, pur portando con sé alcune buone ragioni.

Ebbene, se ne parli. Ma con toni diversi da quelli usati questa volta e magari coinvolgendo in modo non formale i protagonisti del mondo della scuola. L’impressione è che oggi siano le esigenze di cassa a farla da padrone, trattando il mondo scolastico come un’azienda in perdita. E che il “piano di razionalizzazione” annunciato sia sostanzialmente alla ricerca di tagli.