Share

Salute mentale, rifarsi una vita con il progetto Bet

Promosso dalla cooperativa Filo di Arianna, del Consorzio Farsi prossimo: due bilocali a Quarto Oggiaro per dare autonomia a chi esce dalle comunità. Presto un terzo appartamento a Cinisello Balsamo

13 Ottobre 2008

13/10/2008

di Pino NARDI

Si chiama Progetto Bet (casa) un nuovo modo per aiutare chi vive il disagio psichico a rifarsi una vita. L’iniziativa nasce all’interno della cooperativa Filo di Arianna, appartenente al Consorzio Farsi Prossimo, promosso dalla Caritas Ambrosiana. Tra poche settimane compie un anno.

«E’ un progetto di residenzialità leggera: offre una soluzione abitativa a persone con disagio psichico – spiega il coordinatore Casimiro Dudek, psicologo -. Si tratta di un bilocale che ospita due donne di 25 e 45 anni, di cui una straniera. Nel luglio scorso abbiamo aperto poi un secondo bilocale per un uomo di 50 anni, che presto sarà affiancato da un altro ospite. Entrambi gli appartamenti sono a Quarto Oggiaro. Entro il mese prossimo partirà il terzo per 4 giovani a Cinisello Balsamo».

La cooperativa Filo di Arianna è accreditata per i servizi psichiatrici a Milano e gestisce tre comunità per 31 posti. «Si è partito da lì. C’era la necessità di dare uno sbocco per le persone che concludevano il percorso della comunità – spiega Dudek -. Ma soprattutto, perché è stata approvata una normativa regionale che per la prima volta ha dato la possibilità, anche a livello economico, di aprire residenzialità leggere per pazienti psichiatrici».

«La nostra idea non è quella di avere alloggi sparsi su Milano – precisa il coordinatore -, ma che siano fisicamente vicini alle comunità per avere a disposizione anche gli operatori che vi operano, per creare un minimo di contesto affettivo. A Quarto Oggiaro sono legate alla Comunità Mizar di Bruzzano, mentre quella di Cinisello alla comunità La Locomotiva».

Un progetto che non si limita alla sola metropoli, ma è in contatto anche con analoghe esperienze sul territorio: «Siamo in rete con cooperative che hanno anche appartamenti come la Novo millennio a Monza e l’Arcobaleno a Lecco».

La filosofia dell’iniziativa è innovativa: «Sono percorsi riabilitativi, ma in un contesto nuovo: una casa tra le case, appartamenti in un normale condominio – dice lo psicologo -. Gli operatori vanno alcune ore quando ci sono gli utenti, perché durante il giorno lavorano o fanno un tirocinio. Gli ospiti hanno le chiavi, fanno da soli la spesa. L’obiettivo è, dove è possibile, dare maggiore autonomia. La speranza è che un giorno alcuni di loro possano vivere in autonomia totale».

«Accogliamo le persone che sono stabilizzate clinicamente e un percorso lavorativo avviato – continua Dudek -. Il nostro è un monitoraggio in alcuni momenti per dare risposta a loro bisogni come la spesa o la cura della casa. Inoltre facciamo da facilitatori con il condominio, il posto di lavoro e i servizi».

Come sono i rapporti nel caseggiato? «Le donne hanno trovato anche alcune amiche e non abbiamo avuto finora crisi condominiali. Sto incontrando tutte le persone che in qualche modo fanno parte del loro mondo a partire dal custode del condominio, poi il parroco, la comunità di Villapizzone, il Centro psicosociale (Cps), i responsabili della cooperativa dove lavorano, i familiari. È fondamentale creare la rete e dare loro tutti i diritti di cittadinanza. Adesso pensiamo anche a un momento conviviale con alcune persone del condominio».

Positivo il rapporto con la comunità cristiana. «Il parroco di Santa Lucia, don Alberto Capra, ci ha accolti molto bene, anche se nella sua parrocchia esistono 3-400 persone che frequentano il Cps di Quarto Oggiaro. Alcuni parrocchiani hanno persone malate come vicine di casa. Il problema è che quasi tutte non sono seguite né monitorate».

Per il coordinatore, «il Cps lavora molto bene, ma non riesce a fare la domiciliare. La collaborazione con loro è ottima. I nostri ospiti, che prima accompagnavamo noi, ora vanno da soli, per le medicine e lo psichiatra. Ci piacerebbe continuare il rapporto con il Cps, perché lasciare gli utenti da soli è il primo passo per l’aggravarsi della malattia. È necessario invece ricreare il clima e le abitudini di casa: a volte sono molto più importanti che avere tanti progetti strutturati. Un giorno siamo andati sul lago o a mangiare una pizza insieme, non con una logica assistenzialistica, ma tra amici “qualificati”. La nostra è un’équipe formata da psicologo, psichiatra, educatori. Ora stiamo pensando a una persona che curi il guardaroba o la cucina».

Un progetto che sta facendo scuola: è in fase avanzata una ricerca della facoltà di psicologia della Cattolica, che verrà presentata nei prossimi mesi.