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La testimonianza di un docente laico UNA PRESENZA CHE SI FA RIFERIMENTO

5 Giugno 2008

Essere insegnante di religione significa “esserci”: nella scuola così come nelle varie componenti collegiali, con le famiglie così come nella comunità ecclesiale locale. E scoprire che l’“esserci” è arricchente, pur non nascondendo le continue fatiche che la scuola oggi chiede

15/01/2008

di Pasquale ESPOSITO

Ho scelto 17 anni fa di insegnare religione cattolica nella scuola e ora vivo questa scelta da molti anni in un istituto professionale statale in Treviglio. Molti sono stati in questi anni i volti incontrati, molte le storie raccontate. Ogni ragazzo ha espresso desideri, speranze, lasciato domande, fatto richieste che proprio nell’ora di religione ha potuto liberamente esprimere.

La scuola professionale non è una realtà facile, non perché i ragazzi siano «diversi» dai coetanei di altre realtà scolastiche, ma perché ognuno di essi ha già ha sperimentato momenti di demotivazione, delusione, crisi, sofferenza. Alcuni, in queste soste forzate, hanno riscoperto qualcosa di sé.

Qui, essere l’insegnante di religione diventa l’“esserci” nella scuola, diventa presenza che si fa riferimento: non solo per gli alunni, ma anche per i colleghi che molte volte cercano in noi un confronto, una collaborazione, uno scambio leale e forse una parola di conforto.

Essere insegnante di religione per “esserci” nelle varie componenti collegiali, perché la nostra presenza dia spessore alle scelte, diventi proposta saggia per tutti.

Essere insegnanti di religione per “esserci” con le famiglie, per creare nuove reti che fanno sentire al ragazzo quel famoso «i care» – mi stai a cuore -, che spiazza le nuove generazioni.

Essere insegnanti di religione per “esserci” nella comunità ecclesiale locale, per creare nuove alleanze educative per la realizzazione del «sé» che l’adolescente in ricerca ci chiede, molte volte proprio nel suo silenzio.

Ho scelto di essere insegnante di religione 17 anni fa e oggi riconfermo la mia scelta, scoprendo che l’“esserci” è arricchente, pur non nascondendo le continue fatiche che la scuola oggi chiede.