Share

Danzare la vita dopo il cancro

Hanno prima frequentato un corso di scrittura all'Istituto oncologico, poi sono diventate attrici. Ecco le loro storie

5 Giugno 2008

07/03/2008

di Silvio MENGOTTO

Barbara, Carla, Cristina, Franca, Lea, Linda, Manuela, Maria Bruna, RosaMaria e Sonia. Sono i nomi di dieci donne che hanno avuto il cancro. Dopo un lungo viaggio tra angosce, sofferenze e paura della morte, si sono unite e insieme hanno reagito ricostruendo il senso della propria esistenza e condividendo un percorso di scrittura autobiografica realizzato per pazienti oncologici.

Le autrici, diventate attrici, riunite nell’Associazione culturale Le Griots, divulgano un messaggio di speranza con uno spettacolo dal titolo …E ancora danzo la vita. Una storia d’amore, di coraggio e speranza con l’adattamento e la regia di Manuela Annovazzi e musiche originali di Franco Napoli. Lo spettacolo è dedicato a Maria, l’amica morta durante il corso di scrittura, che ha donato il sentimento nuovo della “sorellanza”.

«Condividere i vissuti con sincerità aprendo il cuore senza temere giudizi, tenersi per mano, guardarsi negli occhi, quando le lacrime dell’una sono le lacrime di tutte, quando le gioie dell’una emozionano tutte, quando diventiamo l’una il sostegno dell’altra – dice Manuela -. Questa è la “sorellanza”, un sentimento forte e profondo, bello, pulito che entra dentro e lenisce le ferite che sanguinano e ti dà vera gioia. Un dono del buon Dio».

Per Maria Bruna «i nostri vestiti colorati, che indossiamo sul palcoscenico, dimostrano che in fondo la vita è la più forte, insieme abbiamo trovato la forza di abbracciare il dolore e di liberarlo ed è nata la meravigliosa forza della vita».

Il teatro, insieme alla scrittura, è diventato un’altra forma terapeutica ancora più ampia. Il testo teatrale individua tre passaggi. La lettura del percorso biologico, il rapporto tra medico e paziente che deve essere indirizzato alla relazione, e per ultima la necessità di vivere il tumore più che la sua paura.

Manuela è convinta che «la nostra è una grande storia d’amore. Quando si parla di cancro si pensa alla morte e al dolore. Noi siamo la testimonianza che attraversando il dolore è nata una grande corrente d’amore tra queste persone». Lo spettacolo ha un forte pathos sul pubblico, «perché ha la forza della verità. Nessuna di noi racconta una storia, racconta la sua storia».

Ostinazione e determinazione sono i due sentimenti e cammini che hanno caratterizzato il protagonismo di queste donne. Senza indugi Manuela dice «ostinazione e determinazione, perché il nostro fine è l’amore, perché ci hanno permesso di affrontare e superare la malattia».

Sul palcoscenico, precisa Manuela, ci sono «vibrazioni differenti in ogni rappresentazione e che arrivano direttamente al pubblico. Nello spettacolo abbiamo introdotto un coro greco dove battiamo sassi per rendere visibile, udibile, il dolore che è universale e trasversale. Anche questo messaggio arriva al pubblico. Èuno spettacolo che suscita sentimenti incredibili e nascosti. Al termine di una rappresentazione ricordo che si è avvicinato un uomo il quale, piangendo e abbracciandomi, mi ha detto: “Quando è morto mio padre non riuscivo a piangere, oggi ho pianto. Grazie”».

Le Griots ètermine che richiama il griot africano, una persona che si sposta di villaggio in villaggio per portare notizie, non per raccontare fiabe o favole. Maria Bruna puntualizza: «I griots africani, con modalità dell’intrattenimento, raccontano al pubblico la verità. La nostra modalità per raccontare la verità è lo spettacolo».

Sul palcoscenico tutte le donne indossano uno scialle a trame larghe, simbolo della malattia e delle cellule tumorali, che avvolge il loro corpo. Quando vengono dichiarate guarite, con un gesto di liberazione, gli scialli vengono buttati alle loro spalle. Non è stata solo una storia di sofferenza, ma una ricostruzione della vita di queste donne. Nel congedarsi Sonia ci sussurra: «Da questa storia brutta si può uscire e danzare ancora la vita».