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Un pezzo di storia meneghina al di là dell’oceano I CARI, VECCHI TRAM MILANESI PER LE STRADE DI SAN FRANCISCO

5 Giugno 2008

Altro che "ferri-vecchi" da mandare in pensione…
I californiani hanno acquistato una decina
dei gloriosi "Carrelli" dell’Atm
e dopo averli rimessi a nuovo
li utilizzano regolarmente sulle loro linee.
Con un una sola modifica: la possibilità
di far salire in vettura anche le carozzelle per disabili!

di Giovanni Guzzi

(11 gennaio 2008) La storia dei tram milanesi a San Francisco comincia negli anni ‘80. Quando venne consegnata la vettura “Carrelli” matricola 1834 assieme ad una interurbana del 1931, la matricola 96 . Era, quest’ultima, una “motrice”, vettura che può trainare convogli, utilizzata sulle linee per Desio e Limbiate e bidirezionale, avendo i comandi di guida ad entrambe le estremità.

A San Francisco l’interesse per i tram storici cominciò con il “Trolley Festival” , in occasione del quale venivano fatte sfilare, oltre a quelle del locale parco storico, vetture provenienti da diverse realtà del mondo : Melbourne, Amburgo, Blackpole, Russia ed Europa dell’Est. Si pensò poi di non limitarsi ad eventi estemporanei ma di dedicare alle vetture storiche un’intera linea storica, la cosiddetta “linea F”. Così aumentarono anche le “emigrazioni” da Milano e, dopo le prime due, arrivò in California anche la matricola 1834 che dagli anni ‘80 ad oggi continua il suo glorioso servizio.

Alcuni anni fa la città americana ha voluto incrementare il proprio parco mezzi che, pur provenienti da tutto il mondo, hanno un’origine di concezione americana: sono infatti definite anche “Peter Witt” dal nome del progettista statunitense che ne aveva realizzato il disegno originario. Alle vetture milanesi in trasferta a San Francisco se ne aggiunsero, quindi, altre undici: dieci da mettere in servizio ed una da utilizzare per recuperare pezzi di ricambio necessari per la manutenzione.

Sono loro stati fatti anche alcune modifiche. Il pantografo è stato sostituito dalla “perteghetta”, non più, però, con la rotella, bensì con una striscia del tipo di quella delle filovie, e sono stati predisposti sistemi per consentire la salita alle carrozzelle per disabili. Per evitare coincidenze di numeri con le vetture già esistenti in città, sono state anche cambiate le matricole. Non più adatta per il servizio, la 96, poiché alla città di San Francisco non risultava conveniente ripararla, èstata ceduta ad un gruppo di appassionati che, sempre negli USA, la stanno ristrutturando completamente per scopi museali, fra qualche anno se ne saprà di più.

Le sue compagne interurbane 93, 94 e 95, meno fortunate, oggi languono nel deposito ATM di Desio, tornando a circolare solo in occasioni particolari, anche recenti, autofinanziate dall’Associazione Utenti Trasporto Pubblico (via Borsieri 4/E 20159 Milano tel/fax 02-69009505).

Sono vetture del 1931 note come “Officine meccaniche” e chiamate anche “automatiche”, disponendo di un comando automatico per dare corrente e regolare la velocità senza scatti. Scatti che fanno sobbalzare i passeggeri, quando, sui tram vecchi, il tramviere non è abbastanza esperto nell’uso del “combinatore” : la leva che esclude o aggiunge resistenze elettriche per aumentare o ridurre la corrente che arriva ai motori, accelerando o rallentando la velocità del mezzo.

In conclusione, una testimonianza sui nostri tram oltreoceano da parte di Giampiero Spagnolo, architetto attivo nelle associazioni di ciclisti e pedoni:

«L’effetto di sentire, a intervalli più o meno regolari, lo sferragliare famigliare dei nostri tram è una sensazione molto strana: particolare e piacevolissima. Anche nel frastuono del Market (la strada principale per eccellenza di San Francisco) il rumore tipico non si può mancare di riconoscerlo. E con affettuosi sguardi si vedono viaggiare i “nostri” mezzi nel pieno di un ambiente assolutamente particolare. La città cosmopolita si arricchisce di questi tram che portano note “esotiche” in un ambito già di per sé multietnico e di grande integrazione complessiva. Cosìcché come io, che non conosco bene l’inglese e che non comprendo l’americano, anche per via degli accenti strani con cui viene parlato (italiano, cinese, messicano… oltre all’autoctono), mi sono ritrovato a riconoscere un rumore ed una sagoma familiare, anche altri componenti della comunità di San Francisco possono ritrovare elementi che testimoniano le proprie origini, in una splendida, complessa e, per molti, straniera città. L’effetto ha del commovente».