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Nei ritratti di Fra’ Galgario le luci, e le ombre, della società barocca

Fu uno dei più grandi ritrattisti del Settecento. Sessanta sue opere, provenienti dall'Accademia Carrara e dalla Collezione Koelliker in una bella mostra a Varese.

31 Ottobre 2008

31/10/2008

di Luca FRIGERIO

Nel ritratto del conte Giovanni Secco Suardo, l’analisi penetrante di Giovanni Testori vi leggeva il contrasto tra l’arrogante atteggiarsi del nobiluomo en desabillè, reduce forse da una notte di bagordi e di festini, e la rassegnata fedeltà del vecchio servitore. Fedeltà anche nel vizio, verrebbe da dire, osservando noi oggi in quello sguardo dell’anziano domestico un che di torbido e di compiaciuto, quasi il rapporto di complicità fra un Bravo e il suo don Rodrigo…

Una critica sociale, in ogni caso, che nulla toglie, ma anzi aggiunge valore, alla straordinaria, vitalissima arte di Fra’ Galgario. Nessuno come lui, in Italia o in Europa, ha saputo infatti ritrarre con spietata, appassionata esattezza le contraddizioni del suo tempo, le ricchezze e le miserie dell’età barocca, della prima metà del Settecento. E tuttavia senza ergersi a giudice, senza condannare, nè assolvere. Semplicemente osservando, partecipando, vivendo. Facendo della sua tavolozza il diario franco e onesto di un mondo contrastato fino all’esasperazione , paradossale, ormai in dissolvimento, e che tuttavia non può non amare. Perché ne è lui stesso parte.

A Fra’ Galgario, Varese dedica oggi una bella mostra, nei suggestivi spazi del Castello di Masnago . Un evento realizzato selezionando una settantina di opere da due grandi collezioni, una pubblica, quella dell’Accademia Carrara di Bergamo, e una privata, quella Koelliker di Milano. Divisa in tre sezioni, la rassegna presenta così percorsi cronologici e tematici sui lavori del frate pittore, presentando però anche dipinti e disegni di artisti italiani che furono suoi contemporanei, per favorire un confronto, quasi un dialogo, fra le diverse espressioni e tradizioni ritrattistiche dell’epoca.

Galgario era il nome del convento in cui visse i suoi ultimi anni, e che gli rimase addosso, familiarmente. Ma lui si chiamava Vittore, Vittore Ghislandi, ed era nato a Bergamo nel 1655, in una famiglia né ricca né fortunata. Frate lo divenne a vent’anni, dopo essere fuggito a Venezia, per dissidi col padre secondo alcuni, per cercare la sua vera vocazione, più probabilmente. Quella dell’arte e della religione.

Non fu una scelta di comodo, quella di vestire l’abito di san Francesco di Paola e i panni del pittore. Ghislandi credeva in quel che faceva, sempre. Uomo di fede profonda, umile, modesto, riservato fino alla ritrosia, lo descrissero i suoi conoscenti. Eppure fu il ritrattista più ambito e ricercato dalla piccola e dalla grande nobiltà lombarda, dal patriziato veneto, dai signori dell’Emilia. Avezzo ai salotti. Invitato alle corti. Un’altra contraddizione? Chiamiamola pure così.

In Laguna Fra’ Galgario apprese a dosar la luce, a Milano respirò gli accenti d’Oltralpe, a Bologna scoprì nuove gamme cromatiche. Divenne famoso, acclamato, conteso, oggetto perfino di gelosie e risentimenti da parte di artisti meno dotati e meno geniali. Forse anche per questo, il Ghislandi alla fine uscì sempre meno dalla sua Bergamo. Troppa esposizione, troppi clamori. A Roma, poi, non volle proprio andare, anche se a reclamarlo erano cardinali e curiali: si scusò dicendo che era malato, ma forse non voleva abbandonare le accoglienti mura del convento di Galgario…

Tra tanti capolavori giunti fino a noi, il suo autoritratto è uno dei più toccanti. Un volto da intellettuale dilaniato nell’intimo, eppure sereno, di quella quiete raggiunta con il riflettere e l’esperienza, più che con l’età. Sete, broccati, velluti, gioielli, si sono specchiati per anni e anni in quegli occhi neri e profondissimi, e lui li ha ritratti, assieme ai nobiluomini e alle gentildonne che li indossavano. Ma quello che veramente ammirò, possiamo crederlo, fu quel candore di fanciullo , quell’innocenza evangelica che volle rappresentare infine accanto a sé.

Fra’ Galgario e la ritrattistica della realtà nel ‘700
Opere dall’Accademia Carrara e dalla Collezione Koelliker
A cura di Francesco Rossi e Giovanni Valagussa
Varese, Castello di Masnago
Fino all’11 gennaio 2009
Orari di apertura:
Dal 2 novembre: 9.30-12.30/14-17.30
Terzo sabato di ogni mese: chiusura posticipata alle ore 22.00
Biglietto d’ingresso: Euro 4,00; ridotti: Euro 3,00, Euro 1,00
Per informazioni e prenotazioni: Tel. + 39 0332 820409
musei.masnago@comune.varese.it