1. L’autunno del mondo
C’è dunque una parola di profezia per l’autunno del mondo, quel predisporsi della natura all’inverno in un trionfo di colori e nell’avvertire l’avvicinarsi della fine.
Così nell’autunno del mondo il popolo smarrito vive la civiltà in declino. Il popolo dei tempi di Isaia sperimenta la desolazione dell’esilio e la distruzione della città amata. Una civiltà in declino. Potremmo forse definire così la nostra società e il nostro tempo: un tempo di declino. Lo straordinario sviluppo tecnologico e le potenzialità che la tecnologia mette a disposizione non bastano a nascondere il declino della qualità della convivenza e un senso di scoraggiamento che semina tristezza.
Per fare riferimento alla parola che è stata proclamata in questa celebrazione si può forse dire che questo è il tempo in cui «l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda»; si può forse dire che è il tempo in cui la gente si è dimenticata «della beneficenza e della comunione dei beni». L’elenco degli argomenti per descrivere il nostro tempo come un tempo di declino della società sarebbe forse inesauribile e riempie le parole di lamenti e i pensieri di tristezza. E nella società in declino anche la comunità cristiana può essere contagiata dalle parole del lamento e dai pensieri della tristezza.
2. «Ti chiameranno “Città del Signore”».
Nella desolazione scoraggiata c’è una parola di profezia, nell’autunno del mondo ci raggiunge la promessa in nome di Dio. C’è una promessa di un tempo di grazia, c’è una visione di speranza, c’è un invito alla costruzione della casa in cui sia desiderabile abitare, della comunità in cui tutti possano trovare pace. Come sarà questa città? Come sarà questa Chiesa? Noi che siamo qui riuniti in questa Cattedrale, casa di tutti i fedeli della Diocesi ambrosiana, siamo qui perché convocati dalla promessa e dalla responsabilità, per rispondere a questa domanda: come sarà la Chiesa in cui si compie la promessa del profeta?
2.1. Il principio della relazione con il mistero di Dio
Sarà la città in cui «il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore». La promessa del profeta rivela una presenza del Signore che non è rinchiusa nel tempio, non è un monumento da custodire, ma la luce per camminare, la vita di cui vivere, la gioia della consolazione: «saranno finiti i giorni del tuo lutto». Ecco come sarà la Chiesa: abitata dal Signore con una presenza contemplata, adorata, decisiva per la vita di ogni giorno. Sarà la Chiesa che non si spaventa per “il fiume in piena” perché è costruita bene: «ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia».
Siamo riuniti tra queste pietre dedicate al Signore per essere casa e scuola di preghiera, perché questo è il fondamento: la presenza del Signore.
2.2. Il principio della vocazione di ciascuno
Sarà la città in cui «l’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene». Gli uomini e le donne non sono una massa senza volto, una folla anonima. Ciascuno ha il suo tesoro, la sua vocazione. Ecco come sarà la Chiesa: la comunità in cui ciascuno è chiamato a vivere la sua vocazione e ad offrire il bene tratto dal buon tesoro del suo cuore. La chiamata alla corresponsabilità, la convocazione dei rappresentanti dei Consigli Pastorali, delle Assemblee Sinodali Decanali e la costituzione della rinnovata Équipe Sinodale non è un atto organizzativo, non si riduce ad un momento istituzionale. È la risposta alla vocazione con cui Gesù chiama a seguirlo, ad essere un cuor solo ed un’anima sola, ad essere una comunità in cui si riconosca l’obbedienza alla missione che Gesù affida alla sua Chiesa. Ciascuno è presente perché risponde alla sua vocazione. Ciascuno è presente per assumere l’incarico di ricordare a tutti i battezzati che c’è una vocazione di ciascuno ad essere l’albero buono che produce il suo frutto per il bene di tutti, per la gloria di Dio e per la sua gioia.
2.3. Il principio della giustizia e della carità
Sarà la città in cui si pratica la carità: «Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace». Ecco come sarà la Chiesa: una comunità in cui i rapporti sono costruiti sulla giustizia e su una generosa, ordinata solidarietà. I beni che ciascuno possiede non sono per un egoismo indifferente, ma per una condivisione intelligente.
In questo tempo drammatico noi ci proponiamo di essere il popolo della speranza e della pace.

