1. L’enigma del cuore umano
Perché i cattivi sono cattivi? Perché gli indifferenti sono indifferenti? Perché gli spietati sono senza pietà? Noi tutti siamo fragili e possiamo sbagliare; noi tutti possiamo avere momenti di irritazione e reagire con stizza e aggressività; noi tutti possiamo essere infastiditi da coloro che ci chiedono un aiuto; sì, noi tutti abbiamo dentro qualche radice di male, di cattiveria, di indifferenza. Ma che cosa c’è nel cuore di quell’uomo ricco «che ogni giorno si dava a lauti banchetti, mentre il povero si nome Lazzaro stava alla porta, bramoso di sfamarci con quello che cadeva dalla tavola del ricco?»
Come si può capire l’ostinazione nell’egoismo, nella cattiveria, nell’indifferenza, nel rancore? Forse noi siamo brava gente e non ci riconosciamo nell’esagerazione della cattiveria. Però può capitare che anche nell’animo dei buoni metta radici una cattiveria che non passa, un rancore che non guarisce, un desiderio di vendetta che rode dentro: sarà per una offesa che non si riesce a perdonare, sarà per una lite con i familiari per un’eredità ingiustamente divisa, sarà per una promessa non mantenuta. In modi meno clamorosi ed evidenti, c’è un principio di male che mette radici nel cuore e non si riesce a estirpare.
Perché i cattivi sono cattivi? Il cuore umano è un enigma incomprensibile e le ostinazioni nelle guerre e nella violenza continuano a spaventare. La sapienza di Gesù racconta una parabola per aiutare a pensare e incoraggiare a guarire.
3. «Gli spensierati di Sion»
Ecco: la perseveranza nel male è una forma di ottusità e di stupidità, come quella del ricco che non pensa mai che deve morire anche lui, come «gli spensierati di Sion» che «della rovina di Giuseppe non si preoccupano». Il male può radicarsi nel cuore umano perché il cuore si è chiuso a Dio, non pensa che c’è un Dio che difende i poveri, non si immagina di dover rendere conto di come vive, di quello che fa. Lo stolto spensierato non fa conto di Dio, vive come se Dio non esistesse, anche se forse qualche volta pratica qualche devozione.
Chi non fa conto di Dio, ha come criterio per il suo comportamento quello che gli piace oggi, quello che può fare oggi, quello che oggi è il suo interesse. Ha solo il presente. Chi non fa conto di Dio, non sente la responsabilità per gli altri, non prova compassione se non per un legame di affetti o forse per ragioni di convenienza, precari e superficiali. Chi non fa conto di Dio, non si cura della città, non del mondo in cui vive, se non per una ideologia o per un interesse. Chi non fa conto di Dio, non pensa alla sua morte, non si domanda che cosa sarà di lui, preferisce godere il presente piuttosto che immaginare il futuro.
3. Un’umanità buona, lieta, diversa è possibile
Gesù non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo (cf Gv 12,47). Perciò annuncia il giudizio di Dio non per convincere a fare il bene con la paura del castigo, ma per seminare nel cuore umano il principio di una vita nuova, la rivelazione di un modo di vivere più desiderabile, la vocazione alla gioia della saggezza. Paolo si fa eco della voce di Gesù per raccomandare al suo discepolo Timoteo una vita buona: tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza.
Il Signore invita ciascuno di noi ad accogliere l’invito.
Gesù ci parla con Mosè e i profeti: c’è una parola da ascoltare, c’è una sapienza che ci aiuta a comprendere la verità del presente, del futuro, di noi stessi e degli altri. Chi accoglie l’invito si rallegra della speranza: guarda al futuro non con lo spavento di chi crede che di finire nell’abisso oscuro del nulla, ma come chi «cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato».
Chi accoglier l’invito si predispone alla lotta, perché il principio del male continua a insidiare il cuore umana e a ingannarlo. Il principio del male convince che è meglio essere cattivi che buoni, è meglio fare il male invece che il bene, è meglio vendicarsi che perdonare. Perciò Paolo scrive: «Combatti la buona battaglia della fede». Se vuoi seguire la via della vita preparati alla lotta. Con te lottano gli angeli e gli arcangeli e vale la pena di combattere il male.

