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«Quel discepolo che Gesù amava disse: “È il Signore!”».

Ordinazione Episcopale di Mons. Alberto Torriani, Milano – Duomo, 22 febbraio 2025

22 Febbraio 2025

1. E adesso che cosa facciamo?

Ecco come sono i discepoli dopo i fatti della morte e risurrezione di Gesù: sono ancora meno di prima. Erano dodici, si trovano e sono la metà di quelli chiamati da Gesù per essere i suoi amici. E adesso che cosa facciamo? Abbiamo vissuto momenti esaltanti e momenti drammatici, momenti di popolarità e momenti di ostilità. Ma adesso? Che cosa facciamo? Erano pescatori e, dopo tante vicende entusiasmanti e sconcertanti, tornano a pescare: cioè non sanno che altro fare. Vanno a pescare e non prendono niente: sono un fallimento.

È un’immagine piuttosto desolante della Chiesa: ridotta a pochi, incerta e smarrita su ciò che si deve fare. Inconcludente e inefficace. Forse la Chiesa di oggi si riconosce nello smarrimento? Forse si deve riconoscere il fallimento di tante buone intenzioni che ispirano proposte, iniziative, pratiche tradizionali? Sono in molti oggi a interpretare il momento di Chiesa che siamo vivendo come quel mattino lungo la spiaggia del mare di Tiberiade. In che cosa abbiamo fallito? Perché siamo diventati pochi? Perché siamo smarriti? Perché le persone di Chiesa chiamate ad essere pescatori di uomini non pescano niente?

 

2. «Ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù»

In questa situazione di smarrimento Gesù è presente come uno sconosciuto. Come in tutti i racconti delle manifestazioni pasquali, Gesù si rende presente e non viene riconosciuto.

Ogni momento della storia della Chiesa è segnato da questo rischio: Gesù è presente, ma i discepoli non lo riconoscono. I discepoli si impegnano, fanno molte cose, fanno molti discorsi, fanno molti tentativi: vivono, insomma, come se Gesù fosse un ricordo, un’assenza.

Forse per questo nella Chiesa ci sono segni di stanchezza, di scoraggiamento, di smarrimento.

 

3. «Il discepolo che Gesù amava»

È il discepolo amato che riconosce Gesù e aiuta Pietro e gli altri a riconoscerlo. Quale percorso di fede ha compiuto il discepolo che Gesù amava? È stato sotto la croce. Ha ricevuto la parola ultima del Crocifisso. Ha preso nella sua casa Maria, la madre di Gesù. È stato introdotto al mistero della morte che diventa principio di vita, del finire che diventa inizio, della sconfitta che diventa compimento. Perciò è colui che riconosce la presenza di Gesù e sa che senza di lui non si può fare nulla. Chi dimora in Gesù, invece, porta molto frutto.

 

4. Il Vescovo

Così si può descrivere la missione del Vescovo: colui che riconosce Gesù e aiuta i fratelli e le sorelle a riconoscerlo.

La comunità cristiana ed anche la comunità civile chiedono al Vescovo molte cose, lo desiderano presente in molte manifestazioni, lo applaudono e lo circondano di onore, di molte attenzioni, lo ritengono responsabile di tutto quello che avviene nella Diocesi e quindi lo assediano con richieste e non gli risparmiano le critiche. Tutto questo fa parte del ruolo.

Ma nella verità il Vescovo ha solo una cosa da fare: stare sotto la croce, entrare nel compimento della rivelazione di Gesù e così riconoscerlo e aiutare gli altri a riconoscerlo: «È il Signore!».