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Pregare, educarsi ed educare alla pace, essere profeti

Giovedì della settimana della vi domenica dopo il martirio di san Giovanni il precursore. Messa per la pace, Lecco, Parrocchia San Nicolò - 9 ottobre 2025

9 Ottobre 2025

Oggi sulla faccia della terra si combattono ben cinquantanove guerre: alcune – come quelle in certi Paesi dell’Africa e dell’Asia – vanno avanti da anni e stanno causando stragi incalcolabili; altre sono guerriglie striscianti che fanno vittime di cui nessuno si accorge; abbiamo poi tutti sotto gli occhi i disastri che si stanno combinando in Terra Santa e in Ucraina. Molte guerre, dunque: non soltanto quelle di cui sentiamo parlare o alle quali siamo sensibilizzati da un’attenzione più diffusa. Con questa celebrazione vogliamo accogliere l’invito del Papa a pregare per la pace durante il mese di ottobre. Sabato 18, poi, ci uniremo particolarmente a lui nella recita del rosario.

Nella pagina di Vangelo che abbiamo appena ascoltato, risuona forte l’esortazione di Gesù: «Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Quando capiteranno simili eventi, voi tenete alto lo sguardo e continuate a sperare. Ma come è possibile serbare viva la speranza? Vorrei suggerire soltanto tre parole.

La prima è “preghiera”. Pregare non significa delegare tutto a Dio, perché faccia lui ciò che noi non siamo capaci di fare. Pregare è entrare in dialogo con il Signore per lasciarci condurre dal suo Spirito, pur non sapendo cosa davvero opererà in ciascuno di noi. Se viviamo la preghiera come una mera formalità, non cambierà niente. Se invece la preghiera diventa un sincero affidarsi allo Spirito di Dio, sorgeranno forse profeti, o maestri, o politici illuminati; sorgeranno forse tante persone di buona volontà che quotidianamente si lasceranno guidare a compiere le opere di Dio.

La seconda parola è “educazione”. È importante educarci ed educare ad essere operatori di pace: contribuire, per quanto ci è possibile, a diffondere una mentalità nuova. Certamente, nella vita umana non tutto può risultare pacifico, tranquillo; non sempre possiamo essere tutti d’accordo: come dice il Papa, i conflitti fanno parte della storia. Il problema però si pone quando, per risolvere tali conflitti, si ricorre all’uso delle armi: si vuole eliminare chi è su posizioni diverse, invece di cercare forme di dialogo, di confronto anche acceso, che permettano di arrivare a convivere serenamente insieme, a custodire la vita e non a seminare la morte. Educarci ed educare a considerare in modo saggio la vita, senza ingenuità, ma sapendo cogliere il limite, superato il quale, il conflitto diventa distruttivo. Abituarsi a creare alleanze, a cercare insieme la via della pace, della risoluzione disarmata dei conflitti, la via della serenità. La prima lettura di oggi parla di una Chiesa antica, in cui anche i Vescovi erano sposati. Il modo di vivere della comunità ecclesiale è poi cambiato nel tempo, però da questo testo possiamo cogliere anche noi una provocazione importante: se non sei capace di far funzionare bene la tua famiglia, come penserai di far funzionare bene il mondo? Bisogna dunque educarsi ad essere operatori di pace, ad orientare l’aggressività, così che non diventi guerra, a vivere i rapporti costruendo alleanze per il bene.

La terza parola è “profezia”. I cristiani sono presenti nel mondo non per dire ciò che dicono tutti, ma per portare parole che vengono da Dio. Il Papa ha espresso chiaramente la profezia che vorrebbe compiere: «Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare» (Discorso ai partecipanti al Giubileo delle Chiese Orientali, 14 maggio 2025).

Tre parole mettiamo, dunque, davanti al Signore: cercheremo di custodirle durante la giornata ed in questo tempo. La prima parola è “pregare”, cioè affidarsi a Dio per lasciarci condurre da lui; la seconda è “educazione”, cioè educarsi ed educare alla pace; la terza è “profezia”, cioè essere profeti, annunciare una parola che venga dallo Spirito di Dio.