1. La Visita Pastorale
La Visita Pastorale è l’occasione per dirvi: “Voi mi siete cari. Voi mi state a cuore”. Normalmente il Vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal Vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La Visita Pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La Visita Pastorale è l’occasione per esprimere e raccomandare la consapevolezza di essere parte della Chiesa di Milano, e di essere inseriti nella comunione cattolica. Siate consapevoli, siate fieri, siate disponibili per una vita della Parrocchia che sia inserita nella vita della città, nei rapporti con le altre Parrocchie del territorio, nel Decanato, nella Diocesi, che è la Chiesa locale nel suo mistero e nella sua configurazione reale, all’interno della Chiesa Cattolica.
La costituzione della Comunità Pastorale “Santi Apostoli” ha avviato un progetto di pastorale d’insieme tra le Parrocchie di San Pietro in San Pietro all’Olmo e dei Santi Giacomo e Filippo in Cornaredo. Ho raccolto segnalazioni di difficoltà create dalla costituzione della Comunità Pastorale, che si sono espresse in voci critiche e nella rilevanza di una scarsa partecipazione alla celebrazione delle Messe domenicali e in genere alla vita della comunità.
La Comunità Pastorale non può essere un aggiustamento di equilibri per scontentare il meno possibile, ma un’impresa missionaria condivisa per la responsabilità di offrire parole di Vangelo e ragioni di speranza a tutti. La preoccupazione per i numeri, che ricorre nel documento di relazione sulla Situazione Comunità Pastorale è per una lettura statistica. I cristiani, però non si accontentano della rilevazione numerica. Si interrogano sulla loro fede e sulla testimonianza di fede, di carità, di speranza da offrire nel contesto in cui ci troviamo a vivere.
La Visita Pastorale è il momento per ascoltare insieme la Parola di Dio, quello che il Signore vuole dire oggi a questa comunità, nella celebrazione della Messa domenicale.
2. La fede piccola
Il centurione, uno straniero, sorprende Gesù per la sua fede grande. C’è quindi da pensare che esiste una fede piccola.
La fede piccola forse è più diffusa della fede grande. Tra i figli del regno, che saranno cacciati fuori, nessuno si riconosce per la fede grande.
La fede piccola è quella che non sa pregare, non riconosce in Gesù colui che dà la vita. Prega, ma come se fosse un dovere, come se fosse un adempimento. Prega ma non si aspetta niente. Prega, ma come chi ha altro da pensare e cose più importanti da fare.
La fede piccola è una fede triste. I credenti della fede piccola sono quelli che quasi di vergognano di essere credenti, sono complessati, sono imbarazzati. Credono, ma non sanno dire perché. Credono, ma non lo dicono per timore di essere disprezzati e ridicolizzati. Credono, ma come quelli che sono sempre scontenti: vanno in chiesa, ma sono scontenti della Chiesa; sanno chi è il parroco, ma sono scontenti del parroco; ascoltano quello che dice il Papa, ma sono scontenti del Papa.
La fede piccola è una fede che è proprietà privata, una fede chiusa, una fede che separa chi è dei nostri e chi è fuori; chi appartiene alla comunità e chi è straniero; chi merita fiducia e gentilezza e chi è sospetto ed è meglio che non ci sia.
3. Ma noi siamo chiamati a vivere una fede così grande come quella del centurione
Perciò chiediamo la grazia di imparare a pregare. La comunità cristiana è spesso molto indaffarata, spesso efficiente e generosa, ma non è così evidente che si fida del suo Signore, che crede che il Signore è vivo, è risorto: «Se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: “Chiunque crede in lui non sarà deluso”».
Perciò chiediamo la grazia di essere testimoni coraggiosi della nostra fede. Forse proprio noi siamo incaricati di aiutare la gente che incontriamo a riconoscere in Gesù la salvezza: «Sarai salvo!», cioè non sarai perduto, non hai motivo di essere disperato! La gente ha bisogno proprio di gente che sappia dire le ragioni della speranza.
Perciò chiediamo la grazia di essere pietre vive di una Chiesa in cui tutti i popoli possano sentirsi parte dell’unico corpo di Cristo: «Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”».
La profezia di Ezechiele si attua per la forza dello Spirito che ci raduna e per l’impegno di ciascuno a contribuire a compiere il desiderio di Dio: «Così dice il Signore Dio: “Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati e li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nella loro terra: farò di loro un solo popolo nella mia terra, sui monti d’Israele; un solo re regnerà su tutti loro e non saranno più due popoli, né saranno più divisi in due regni”».
Chiediamo la grazia della fede grande: la preghiera, la testimonianza, la fraternità.

