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«In te, Signore, mi sono rifugiato»

Santissimo Nome di Maria – Benedizione della cappella dedicata a san Carlo Borromeo ed a san Charles de Foucauld, Garbagnate Milanese, Ospedale “Guido Salvini” - 12 settembre 2025

12 Settembre 2025

Ecco: il tempo. La malattia è un tempo: invade del tempo della vita. Talora accompagna la vita per molto tempo. Il tempo non passa mai quando si è malati. Talora si arriva tardi: troppo tardi si è scoperto il nemico dentro la carne dell’uomo, della donna. È passato troppo tempo. Il tempo della malattia può essere anche il tempo delle domande: che cosa mi sta succedendo? perché proprio a me? quando guarirò?

Il tempo. Un tempo di lavoro: per il personale dell’ospedale, medici, infermieri, personale amministrativo, personale dei servizi ausiliari, c’è un tempo di lavoro, ci sono tempi più difficili. Il tempo che è troppo poco, il tempo che passa troppo in fretta.

Ecco: la cappellina dell’ospedale è un invito: fermati un momento, dedica del tempo al tuo rapporto con Dio, a interrogare il Signore Gesù, ad ascoltare quello che Gesù ti dice.

 

Ecco: il luogo. L’ospedale è un luogo, una struttura in cui il tempo trascorre. L’ospedale è il luogo dove chi è malato cerca guarigione, dove chi è malato si augura di rimanere poco e d’altra parte chi è solo si augura di non essere abbandonato. L’ospedale è il luogo dove ci si trova con sconosciuti, dove si condivide qualche tempo con persone di altri mondi, dove si possono incontrare forme di aiuto e di amicizia inaspettate, dove si devono sopportare persone difficili. Ecco: l’ospedale è un luogo.

Un luogo di lavoro. Chi lavora in ospedale abita l’ospedale come luogo, luogo di relazioni, luogo di ricerca, luogo d’incontro e di cura per i malati, luogo dove scopre di riuscire a fare cose che non pensava, ad essere apprezzato oltre le proprie aspettative o frustrato in modo mortificante. Luogo di lavoro e luogo di vita, luogo di responsabilità e di solidarietà, luogo per servire secondo la propria professionalità, luogo che ti tiene lontano da altri luoghi.

Ecco: la cappellina dell’ospedale è un invito: entra in un luogo di incontro con Gesù.

 

Ecco: gli affetti. Nella malattia gli affetti si vivono in un modo particolare. I legami familiari, le amicizie, i rapporti: la malattia mette alla prova gli affetti per far sperimentare quanto siano preziosi, desiderabili, rassicuranti. La malattia mette alla prova gli affetti e i malati si rendono conto di quanto siano fragili gli affetti, di quanto siano precari, deludenti. Quelli che sembravano così indifferenti si rivelano solleciti e disponibili, quelli che sembravano così affezionati si rivelano indifferenti, estranei.

Chi lavora in ospedale stabilisce rapporti, vive di lavoro d’insieme, non esiste prestazione che non sia dentro un insieme, una équipe, un gruppo. Si stabiliscono rapporti: possono nascere amicizie, amori, legami che rendono bella la vita e desiderabile l’incontro; possono svilupparsi tensioni, rivalità, cattiverie che rendono il lavoro complicato e l’ambiente antipatico.

Ecco: la cappellina dell’ospedale è un invito: l’amicizia con Gesù che aiuta a vivere i rapporti in modo che siano occasioni per costruire fraternità.

 

Maria, la giovane ragazza di Nazaret di Galilea, vive il tempo come occasione per accogliere l’annuncio, vive la casa come occasione di incontro, vive gli affetti come comunione e dedizione. Interceda per tutti in questo luogo, in questo tempo, nei rapporti che viviamo qui e in ogni ambiente di vita.