1. Si fanno avanti
Si fanno avanti e dicono.
Mentre imperversa la retorica del declino a proposito della Chiesa, dell’Occidente, dell’umanità, loro si fanno avanti e dicono: “Fatevi avanti anche voi! Noi siamo disponibili per essere servitori della speranza”.
Mentre si percepisce l’imminenza del fallimento della missione, delle iniziative di pace, di fraternità, di restituzione alla vita buona della convivenza, loro si fanno avanti: “Noi ci rendiamo disponibili per annunciare la vocazione di tutti ad essere fratelli e sorelle”. Si fanno avanti e dicono: “Fatevi avanti anche voi!”.
Nel clima pervaso di scetticismo e depressione che insidia tutte le generazioni e smentisce che la vita sia desiderabile, loro si fanno avanti: “Ci mettiamo in cammino per essere testimoni della gioia di vivere, di dare vita, di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo”. Si fanno avanti e dicono: “Fatevi avanti anche voi!”.
Così ha fatto Paolo. Nel discorso che tiene a Mileto rivolgendosi agli anziani della Chiesa di Efeso, Paolo condivide con gli altri la sua persuasione di andare incontro alla morte. Ma Paolo, consapevole delle minacce di morte, guarda avanti e raccomanda agli anziani di Efeso: “Fatevi avanti anche voi! Adesso io parto e affido a voi la Chiesa: fatevi avanti, per contrastare i lupi rapaci”.
Così Gesù, pregando in quell’ultima sera, sa di essere alla vigilia della passione e morte, del compimento del suo amore fino a dare la vita per coloro che ama. In questa vigilia commovente e drammatica Gesù prega per i suoi discepoli e confida al Padre: “Ecco, non mi tiro indietro e mi consegno alla via dolorosa del venire a te, Padre”. E prega che i suoi discepoli si facciano avanti in mezzo all’odio del mondo per compiere lo stesso mandato che Gesù ha ricevuto dal Padre.
2. La sproporzione
Si fanno avanti e dicono: “Fatevi avanti anche voi!”. Si fanno avanti questi dodici candidati, undici già inseriti nel clero diocesano con l’Ordinazione Diaconale, ed il nostro fratello consacrato per l’Ordine dei Figli di Maria Immacolata.
Con che animo si fanno avanti? Sono forse uomini superiori, dotati di straordinario coraggio e di doti e competenze sovrabbondanti? No, piuttosto dichiarano la loro fragilità e la sproporzione che avvertono rispetto alla missione da compiere. Hanno infatti scelto che fosse letta in questa celebrazione la parola di Paolo: «Noi però portiamo questo tesoro in vasi di creta».
Con che animo dunque si fanno avanti? Sono forse un esercito numeroso, un gruppo che impressiona per la quantità e la qualità dei suoi uomini? No, piuttosto sono un numero modesto. I candidati diocesani non arrivano neppure al numero di dodici e molti tra i preti ambrosiani sono indotti a domandarsi: “Ma cos’è mai questo per le tante necessità della nostra Chiesa?”.
Con che animo si fanno avanti? Forse si aspettano di essere dappertutto accolti, apprezzati, circondati d’affetto e sostenuti da molti nel loro ministero? No, piuttosto raccolgono la parola inquietante di Gesù che prefigura l’odio del mondo, le insidie del maligno, quel senso di estraneità che fa percepire distanze insuperabili e invincibili indifferenze.
3. Consacrati nella verità
Dunque che dobbiamo pensare di questo farsi avanti dei candidati? Dobbiamo pensare che sono un segno che la Chiesa c’è! La Chiesa vive! La Chiesa è segno di una grazia invincibile anche tra le ostilità e le indifferenze! La Chiesa è lieta e c’è una pienezza della gioia che abita nei discepoli di Gesù e fruttifica in opere meravigliose di evangelizzazione, di carità, di generoso intraprendenza e ammirevole solidarietà.
Per questo dunque i candidati si fanno avanti: vediamo una Chiesa imperfetta, ma viva; amiamo la Chiesa ferita, ma fecondata dal sangue di martiri innumerevoli; vorremmo far parte di un presbiterio, di un clero segnato da fragilità e inadeguatezza, ma dedicato, senza presunzione, miracoloso, senza ostentazione.
E dobbiamo raccogliere la testimonianza che i candidati danno: si fidano della preghiera di Gesù che chiede al Padre di accompagnare i suoi discepoli con quell’espressione misteriosa: «consacrali nella verità». Hanno l’audacia di credere e di chiedere che il Padre li consacri come si consacra il Figlio, che è la verità. Hanno l’audacia di desiderare un’appartenenza che li renda conformi al Figlio Gesù, proprio quell’uomo che fa della sua vita un consegnarsi per la nuova ed eterna alleanza, come ripeteranno ogni giorno della loro vita. Hanno la modestia di riconoscere che solo il Padre li può consacrare, rendere totalmente liberi, renderli veramente suoi, renderli veramente e per sempre figli nel Figlio.
E il Padre esaudisce anche la preghiera con cui Gesù invoca che siano una sola cosa come il Padre e il Figlio. Ecco: si fanno avanti, ma non come eroi solitari. Piuttosto desiderano, pregano che lo Spirito li renda fratelli e uniti nel presbiterio diocesano, dentro la Chiesa, perché sanno che c’è una sola via convincente per la missione: la comunione che si fa servizio.
Si fanno avanti dunque questi nostri fratelli perché vengono da una Chiesa viva, perché sanno della preghiera di Gesù che li consacra nella verità, perché sanno dell’opera dello Spirito che li consacra nell’unità.
Si fanno avanti e dicono: “Fatevi avanti anche voi!”.

