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Per una spiritualità delle preposizioni

Professione dei Voti Perpetui di Alessandro e Francesco, Monastero SS Pietro e Paolo, Cascinazza in Buccinasco - 26 aprile 2024

26 Aprile 2024

In realtà mediante la Legge io sono morto alla Legge, affinché io viva per Dio. Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me (Gal 2,19-20).

1. Vivere

Ecco, vivere. Vivere ed essere lieti. Vivere ed essere pieni di stupore perché effettivamente sono vivo, c’è un organismo di indecifrabile complessità che è vivo, respiro, vedo, parlo, sento, cammino. Vivo, c’è un mondo di affetti, provo simpatia, mi rallegro per gli incontri, mi arrabbio per gli scontri, mi interesso per quello che dicono, mi annoio, mi entusiasmo. Vivo, si affollano pensieri, domande, ricordi, parole che vorrei dire. Vivo e non essere nulla; vivo e non essere morto; vivo ed essere qui, proprio in questo punto dell’universo, sorprendentemente. Vivo ed essere qui, con questo volto, questa storia, questi fratelli.
Vivere ed essere inquieto, sconcertato, frustrato, pentito, insoddisfatto, tormentato. Vivo e desiderare di essere altrove, di essere con altre persone. Vivo e desiderare di non essere vivo.
Vivere è una sorpresa, uno stupore o anche uno sconcerto.

 

2. Una spiritualità delle preposizioni.

In questo fatto sorprendente del vivere Paolo richiama i Galati a non lasciarsi ingannare, a non smarrirsi nella confusione, a non cedere alla tentazione di trovare sicurezze sbagliate, di coltivare arroganza e presunzione. E insegna che il vivere non è un enigma esposto all’imprevedibile al confine tra l’abisso del nulla e l’irrompere della gloria. Vivere è invocazione di un senso, della spiritualità delle preposizioni.

IN. Non vivo più io, ma Cristo vive in me (rimanete in me e io in voi: Gv 15,4). Siamo introdotti nel mistero insondabile dell’inabitare: vivere di una comunione che non è soltanto relazione, ma intima e reciproca appartenenza, radicamento sostanziale, come del tralcio nella vita. vivo di una vita ricevuta. Non solo come esito di una parola creatrice che sta all’inizio, ma come un riceversi continuo, che è oltre ogni consapevolezza e ogni comprensione, che smentisce ogni presunzione di autosussistenza.

CON. Sono stato crocifisso con Cristo. La parola di Gesù è entrata nei miei giorni e mi ha persuaso alla sequela. Ho deciso di condividere la mia vita con Gesù. Ho fatto le mie scelte per stare con lui, ascoltare le sue parole, riconoscere i segni della sua gloria nella compassione premurosa, nella chiamata che mi ha rivolto a distribuire il poco pane per la folla. Sono stato con lui nei giorni dell’entusiasmo e nella notte dell’angoscia. Gli ho parlato. Mi ha risposto talora. Talora non mi ha rivolto neppure una parola. Gli ho confidato le mie ambizioni e ho ricevuto il suo rimprovero. Ho confessato i miei peccati e ho ricevuto il suo perdono. Sono stato con lui, mi ha chiamato amico. Mi ha messo alla prova. Mi ha scandalizzato e mi ha edificato. L’ho seguito, prendendo la mia croce. Sono stato con lui, partecipe della sua crocifissione.

Per.  … affinché io viva per Dio … mi ha amato e ha consegnato sé stesso per me. La missione di Gesù ha uno scopo, tutta la vita di Gesù è orientata in una direzione. I suoi pensieri, i suoi discorsi, le sue attenzioni, il motivo delle sue fatiche, delle sue lacrime, delle sue sofferenze tutto è orientato a rendere gli uomini partecipi della sua vita, la vita di Dio. Anzi, non per tutti gli uomini, ma per me. L’amore di Dio che si rivela in Gesù non ha una destinazione generica, ma si è consegnato per me. E la grazia che mi ha dato è di essere tutto orientato a Dio. Vivere-per è la via da percorrere perché si compia la missione di Gesù, affinché io viva per Dio. Tutto nella mia vita è salvato, è compiuto, è motivo di gioia e dono di pace se è per Dio. Tutto! Il presente, il futuro, il quotidiano, il lavoro, il silenzio, la preghiera, il servizio, il convivere nella comunità, i giorni della salute e del vigore, i giorni della malattia e della tristezza. Tutto per Dio.

Mentre il cammino di discernimento e di formazione di Alessandro e Francesco giunge ai voti perpetui, quindi al compimento della vocazione battesimale nella forma monastica, noi auguriamo a loro e chiediamo a Dio per loro e per tutti noi di praticare la spiritualità delle preposizioni, perché in Cristo, per Cristo, con Cristo si compia la nostra vita e risplenda la gloria di Dio.