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Pellegrini verso il compimento

Istituto Nazionale dei Tumori, Messa di suffragio reparto pediatrico, Milano, 13 gennaio 2024

13 Gennaio 2024

Invochiamo la grazia del Signore perché aiuti ad affrontare due probabili grandi prove che i malati e i loro familiari devono attraversare.

 

1. L’eccesso del dolore e l’ostinazione della speranza.

…Ma essi non lo ascoltarono perché erano stremati dalla dura schiavitù (Es 6,9).
Quando lo strazio invade l’animo, il pensiero, il tempo,
quando il dolore diventa come una tenebra che oscura tutta la realtà,
quando l’angoscia è pervasiva e assorbe tutta la persona,
allora succede che nessuna parola possa essere ascoltata, se non il referto medico, nessuna promessa può essere creduta, nessun argomento risulti meritevole di attenzione. Niente più ha senso.
Il figlio o la figlia malata è come la condizione del popolo schiavo in Egitto: stremati dalla dura schiavitù, non possono ascoltare nient’altro che il proprio dolore.
In questa condizione il rapporto con gli altri può diventare un fastidio. Anche chi si avvicina con parole di consolazione può risultare antipatico, anche gli affetti più intensi possono diventare insignificanti. Anche gli altri possono risultare insopportabili. Anche colui che porta un messaggio da parte di Dio può essere antipatico, inascoltabile, come Mosè che parla agli Israeliti.
In questa condizione anche Dio può essere cancellato dal pensiero o diventare un obiettivo della rabbia impotente, del risentimento. Dov’è, infatti, Dio? che cosa fa, Dio?

Eppure Dio. Secondo la rivelazione che Mosè riceve, Dio sta dalla parte di chi soffre, degli oppressi. Io stesso ho udito il lamento degli Israeliti … vi libererò dalla schiavitù … vi prenderò come mio popolo e sarò il vostro Dio (Es 6,5ss). Dio è fedele alla sua parola, rinnova la sua promessa, invita ancora il suo inviato, Mosè, ad essere ostinato nella parola della speranza.

Noi celebriamo l’eucaristia in questo luogo e ricordiamo coloro che la malattia ha sottratto alla promessa di vita che è scritta in ogni giovinezza, per chiedere il dono di essere ostinati nella speranza, di rinnovare l’incontro con Dio, se l’eccesso del dolore lo ha interrotto, di intensificare la nostra fiducia se proprio la via del dolore ci ha fatto maturare nella fede.

 

2. L’esasperazione delle minuzie e il compimento della legge.

Il malato, la famiglia, il personale che si dedica alla cura possono essere logorati dalle condizioni che devono sopportare, dalle limitazioni, dalle minuzie.
“Non puoi fare questo, non puoi fare quello che fanno gli altri, non puoi mangiare, bere, andare, giocare…” e tutta la famiglia può essere condizionata ed esasperata dalle minuzie da osservare. Anche la burocrazia può aggiungersi come una serie di adempimenti esasperanti.

C’è qualche cosa di simile negli adempimenti richiesti dalla legge che i giudei praticavano per essere coerenti con l’alleanza con il Signore. Gesù si propone come il nuovo Mosè che propone la nuova alleanza, ma si pone di fronte alla legge antica non come colui che la cancella, ma come colui che dà compimento: Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti … non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge.
Gesù non abolisce le minuzie della vita, ma le porta a compimento. Ora il compimento della legge è l’amore. L’amore chiede di esprimersi nel gesto minimo, nella attenzione quotidiana, nella pazienza che vince la tentazione dell’esasperazione con l’intensità dell’affetto.
L’amore infatti non è una poesia che ignora la concretezza della vita, un sentimento di euforia che vaga tra le nuvole. È invece la dedizione spicciola, la cura per ogni particolare. Tutto diventa un segno di amore, anche la minuzia che si ripete, anche la limitazione che si deve sopportare a lungo.

Nell’eccesso del dolore l’ostinazione della speranza.
Nella esasperazione delle minuzie il compimento nell’amore.