Tre rimproveri giungono da parte di coloro che sono ispirati e inviati da Dio, Isaia profeta, Paolo apostolo e l’angelo Gabriele.
1. La città che si chiama “Abbandonata”.
Il profeta che è mandato per consolare il popolo di Dio proclama: tu sarai chiamata Ricercata e “Città non abbandonata” (Is 62,12).
Il profeta rimprovera il popolo che si lamenta e si deprime pensando: ecco, siamo stati abbandonati, chiamiamo e nessuno risponde, preghiamo e non siamo esauditi.
L’impressione di essere imprigionati in una solitudine senza rimedio, di essere abbandonati dalle persone da cui ci si aspetta un affetto, una presenza, una sollecitudine che non si riceve può rendere infelici gli anni della vecchiaia, ma anche gli anni della giovinezza e di tutte le età. Anche il rapporto con le istituzioni può far nascere l’impressione di essere abbandonati, quando i rapporti sono troppo burocratici, complicati, inadeguati, nella sanità, nel fisco, nell’ambiente, nei servizi.
Perciò il profeta incoraggia e corregge: sarai chiamata “Città non abbandonata”.
Il mistero che celebriamo rivela in che modo Dio pone fine alla solitudine e all’abbandono: inviando il suo Unigenito, il Figlio che viene ad abitare in mezzo a noi perché accolto dalla Vergine Maria.
La presenza di Gesù nella nostra vita non ha l’aspetto clamoroso e spettacolare che forse ci si aspetta, non risolve tutti i problemi, non elimina tutto ciò che fa soffrire.
Piuttosto condivide e trasfigura.
Quello che l’angelo dice a Maria è il messaggio che giunge a ciascuno di noi: Il Signore è con te.
Il rimedio al senso di abbandono è la comunione con Gesù, che l’eucaristia rende possibile in modo così abituale.
La consacrazione dell’altare è una occasione per accogliere il richiamo e la promessa: il Signore è con te, è con noi, è presente qui per trasfigurare la nostra vita. il nostro vivere insieme.
2. Il blocco dell’inadeguatezza.
Maria di Nazaret riceve il saluto dell’angelo e rimane molto turbata. Le parole sono così solenni, la vocazione così alta che Maria avverte di essere inadeguata.
Di fronte ai compiti e alle responsabilità che si profilano forse alcuni si bloccano perché si sentono inadeguati: coloro che sono chiamati al matrimonio, chiamati alla maternità o paternità, chiamati alla consacrazione, chiamati alla santità.
Non posso farcela, non è per me.
Perciò l’angelo dice a Maria: non temere, perché hai trovato grazia presso Dio (Lc 1,30).
La risposta alla vocazione alla santità è possibile perché il Signore non fa mancare la sua grazia: non adagiarti nella mediocrità, non dire “ormai”!
Tutti siamo inadeguati. Eppure tutti chiamati.
L’altare è dove si depositano povere offerte, un po’ di pane, un po’ di vino: per la parola di Gesù diventano il pane della vita e il sangue dell’alleanza nuova ed eterna. Perciò se porti all’altare la tua vita, per povera che sia, può essere benedetta e trasfigurata dalla parola di Gesù. Non temere!
3. L’angustia delle preoccupazioni.
La vita è così piena di fastidi, il futuro così incerto e minaccioso, la convivenza così complicata che diventa spontaneo angustiarsi, vivere nelle preoccupazioni, nell’inquietudine.
La salute, l’economia, i rapporti: sono motivi di angustia.
Ma Paolo scrive ai Filippesi: non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù (Fil 4,6-7).
La preghiera è la grazia che può trasfigurare l’inquietudine e l’angustia in abbandono fiducioso e consente di vivere nella gioia e nella pace. Radunarsi intorno all’altare per condividere lo stesso pane e diventare uno solo corpo, per pregare insieme, è la via per attraversare le prove della vita con fiduciosa letizia.

