Share

I prodigi minimi di Gesù a Nazaret (Mt 13,58)

Memoria di San Giuseppe Artigiano, Festa in seminario, Venegono Inferiore - 1 maggio 2024

1 Maggio 2024

Quello che succedeva a Nazaret quando Gesù aveva più o meno quindi anni si può facilmente immaginare. Aveva infatti una bella compagnia tra cugini, cugine e parenti vari. Erano press’a poco della stessa età. Lavoravano, chiacchieravano, andavano alla sinagoga di sabato e celebravano di gusto i giorni delle feste.
Uno dei suoi cugini si chiamava Giacomo. Anche lui era figlio di un falegname e diceva a Gesù: “Tuo papà è falegname, mio papà è falegname, tu farai il falegname, io farò il falegname. Quando toccherà a noi prendere in mano l’attività, forse potremmo fare una società. Avremo più lavoro, più soldi, potremmo diventare ricchi”. Insomma, Giacomo era convinto di essere predestinato a fare il falegname e sognavo solo di diventare più ricco di suo padre. Era la voce del buon senso.
Ma Gesù non aveva mai sentito dire da Giuseppe, suo padre, che il figlio del falegname deve fare il falegname. Perciò si preparava per un’altra impresa e restava talora incantato come per ascoltare una voce che lo chiamava. Suo cugino Giacomo finì per giudicarlo un sognatore e si rassegnò al pensiero che avrebbe fatto da solo, falegname, figlio di falegname. Era solo buon senso.
Un altro parente si chiamava Giuseppe. Era figlio del contadino. Già sapeva che cosa l’aspettava. Il figlio di un contadino deve fare il contadino. Si lamentava qualche volta con Gesù: “Vedo che vita grama mi aspetta. Sarò là nel campo di mio padre, per ore e ore a spaccarmi la schiena e a bruciami al sole. Che vita grama!”. Era la voce del malumore.
Ma Gesù non si rendeva conto che il contadino facesse una vita grama. Amava osservare come il seminatore gettava il seme, come i gigli del campo si vestissero di colori e come fosse bello masticare i cicchi di grano raccolti dalle spighe. Giuseppe finì per sentirsi incompreso e giudicare Gesù come uno dell’altro mondo. E continuava a essere la voce del malumore: “È solo realismo”, diceva.
Gli altri cugini erano Simone e Giuda. Purtroppo erano lebbrosi e, secondo la legge spietata, dovevano stare fuori dal villaggio e vivevano di stenti. Nessuno li avvicinava. Era solo rispetto della legge.
Ma Gesù li andava spesso a visitare e a far loro compagnia e portava un po’ di pane, un po’ di vino e stava con loro a consolarli. Nel villaggio lo giudicavano un imprudente scriteriato e parlavano male di Maria e di Giuseppe: non sono capaci di educare il loro figli. Si tratta di rispettare almeno la legge. Era la voce del formalismo.
Le sue cugine avevano più o meno la stessa età di Gesù. Forse si chiamavano Giuditta, Rebecca e Rachele. Riconoscevano che Gesù era il ragazzo più bello del paese e forse ciascuna sognava di essere scelta come la sua sposa e di tanto in tanto passavano del tempo a chiacchierare con Maria, la madre, cercando di capire qualche cosa delle preferenze di Gesù. Ma Maria non aveva mai dato spazio alle chiacchiere delle ragazze che in verità le sembravano un po’ stupidine. Erano le chiacchiere della banalità.

Passarono gli anni e Gesù si mise in cammino per la sua missione. E perciò si fece un gran parlare quando si seppe che Gesù era tornato e insegnava nella sinagoga. Si raccolsero dunque per ascoltarlo il buon senso, il malumore, il formalismo e la banalità. Ormai avevano tutti più di trent’anni, ma non erano molto cambiati, forse erano solo più convinti che non c’era niente da aspettarsi da Gesù, erano solo un po’ più rassegnati, più disposti a scandalizzarsi di quello che non rientrava nei loro schemi.

Ma Gesù non privò neppure Nazaret della manifestazione della sua gloria. Non fece molti prodigi. Eppure si racconta dei prodigi minimi compiuti da Gesù tra l’incredulità e l’ostilità dei suoi compaesani.
Gesù infatti operò il prodigio minimo di trasfigurare il buon senso nello stupore. Per gli animi disponibili la parola sorprendente di Gesù apre orizzonti nuovi, chiama a intuire una possibilità impensata per fare della propria vita una sequela, per intuire che la vita è una vocazione piuttosto che un tirare avanti. Lasciateci stupire da Gesù e osate oltre il buon senso.
Gesù operò il prodigio minimo di trasfigurare il malumore in rendimento di grazie: Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto fate nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre (Col 3,17).
Gesù operò il prodigio minimo di trasfigurare il formalismo in carità. Sopra tutte queste cose rivestitevi della carità che unisce tutte le virtù in modo perfetto (Col 3,14).
Gesù operò il prodigio minimo di trasfigurare la banalità in sentimenti nobili: rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, di magnanimità (Col 3,12).

Oggi, forse, Gesù incontra anche noi. Forse anche noi non ci aspettiamo grandi prodigi. Lasciamo alla gloria del Signore risorto almeno la possibilità di operare tra noi i prodigi minimi: lo stupore, la riconoscenza, la carità, la nobiltà d’animo.