- La voce inascoltata.
Non c’è nessuna voce che venga dal cielo – affermano con sicurezza gli uomini del nostro tempo. Il cielo è muto, il cielo è disabitato, il cielo è un enigma indecifrato, il cielo è un territorio di conquista. Non c’è nessuna voce che venga dal cielo: c’è gente insofferente di fronte alle annunciazioni, preferisce la disperazione all’affidamento; preferisce razionalizzare piuttosto che lasciarsi sorprendere: la folla, che era presente e che aveva udito, diceva che era stato un tuono. Se anche ci fosse una annunciazione, un angelo inviato da Dio per portare un messaggio o un profeta per parlare in nome di Dio, questo non sarebbe per me, questo non c’entra con la nostra vita. Noi sappiamo già, noi abbiamo già le nostre cose, i nostri impegni, i nostri fastidi e i nostri problemi. Non ci aspettiamo alcuna annunciazione e, del resto, non ne abbiamo bisogno. Se c’è una voce, sarà per altri: altri dicevano: “un angelo gli ha parlato”. Così dunque si è abituata a vivere la gente sulla terra: non c’è posto per gli angeli, non c’è bisogno di annunciazioni, non ci possiamo aspettare niente dal cielo.
- Questa voce non è venuta per me, ma per voi (Gv 12,30).
Per questo le monache sono venute sul monte, per questo da 550 anni la comunità si è costituita, ha vissuto la sua storia, ha attraversato le tribolazioni e celebrato le feste: c’è una voce da ascoltare, un messaggio da ricevere e da decifrare non solo per la propria vita personale, ma per intendere la verità della vita e la manifestazione della gloria. Questa voce è venuta per noi: siamo destinatari della parola che Dio vuole far giungere agli uomini attraverso Gesù. Ascoltare questa parola, permettere a questa parola di illuminare la vita, rispondere a questa parola con la riconoscenza e l’esultanza merita la consacrazione della vita. Le monache sul monte nei secoli della loro presenza, come del resto tutti i credenti, in qualsiasi stato di vita, hanno testimoniato che vale la pena dedicarsi ad ascoltare la voce che viene dal cielo. Sulla vita monastica si usa sviluppare una retorica dell’eroismo e della santità che certo ha un fondamento nella realtà, ma che rischia di avvolgere i monasteri di idealizzazione e di enfasi scentrate rispetto all’essenziale. D’altra parte sulla vita monastica si usa coltivare una perplessità che incalza con interrogativi che certo richiamano al realismo, ma che rischiano di banalizzare la tradizione monastica, continuando a domandare: quante siete? che cosa fate? a che cosa servite? quale è l’età media? di che cosa vivete? Forse noi possiamo evitare sia la retorica che idealizza, sia la perplessità che banalizza. Forse la celebrazione di oggi può ribadire l’essenziale: perché siete qui? Siamo qui per ascoltare la parola che è venuta per noi e per fare di questa parola la sostanza della nostra vita. Abbiamo ascoltato, abbiamo creduto e abbiamo avvertito l’attrattiva a vivere di questa parola in monastero.
- Glorifica il tuo nome, Padre! (Gv 12,28)
Che cosa dice la voce che viene dal cielo? Parla di Gesù per dire della gloria di Dio, della glorificazione del nome di Dio. Dio si fa conoscere manifestando la sua gloria nella carne del Verbo fatto carne: e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo visto la sua gloria (Gv 1,14). Così la voce dal cielo conferma la via impensata e inattesa della volontà di salvezza di Dio, che vuole che tutti gli uomini siano salvati e salva attraverso quella attrattiva drammatica del Figlio innalzato: e io, quando sarò innalzato, attirerò tutti a me (Gv 12,32). Quando si considerano le notizie che abbiamo su come vada il mondo, su come viva la gente, sulle relazioni tra i popoli, sui comportamenti delle persone che di cui si parla, che sembrano i padroni del mondo viene forse da scoraggiarsi: la gente non ascolta la voce del cielo, la gente vive facendo a meno di Dio, non si vedono segni della gloria di Dio in questa storia drammatica. Chi invece ascolta la voce che viene dal cielo riconosce che la gloria di Dio si manifesta nella logica del seme: muore e produce molto frutto. Gesù dunque percorre la via della sua glorificazione che conduce alla fecondità misteriosa del suo essere innalzato, del suo morire per consegnare lo Spirito e rendere possibile ai figli di Dio di vivere e di morire come il Figlio unigenito. Il monachesimo e il martirio sono stati nei secoli e sono oggi i modi più radicali per accogliere e intendere la voce che viene dal cielo e mettersi alla sequela di Gesù per offrire a tutti la testimonianza credibile che in questo si è glorificato il nome di Dio, nell’essere innalzato di Gesù perché tutti volgano lo sguardo a colui che è stato trafitto e siano salvati. San Lorenzo con il suo martirio, le monache romite con la loro vita monastica ci incoraggiano dunque a prendere sul serio la voce che viene dal cielo e a vivere avvolti dalla gloria di Dio.