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Di chi sono “quelli di nessuno”?

Quarta domenica di Quaresima. Visita pastorale (Baggio), Unità Pastorale San Giovanni Bosco – Madonna dei poveri. Milano, 19 marzo 2023

19 Marzo 2023

La visita pastorale

La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!

La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “Voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nel configurarsi della “Unità Pastorale San Giovanni Bosco Madonna dei Poveri” e nella sua articolazione decanale.  L’Unità Pastorale è una forma di pastorale di insieme che impegna a condividere i doni, le storie, la missione tra due parrocchie vicine e impegnate nell’unica missione, pur con la differenza delle vicende e la ricchezza dei carismi di ciascuna.

La visita pastorale è anche momento di grazia per celebrare l’Eucaristia e chiedere che la parola di Dio sia lampada per i nostri passi. Quali indicazioni ci offre Gesù in questa quarta domenica di Quaresima?

 

  1. “Quelli di nessuno”.

I genitori del cieco guarito sono presi dalle paure per sé stessi.
Così può capitare che i genitori siano presi dalle loro questioni di coppia: i rapporti diventano difficili, la casa diventa la scena dei risentimenti, delle delusioni, delle incomprensioni. I figli piccoli si spaventano delle litigate tra papà e mamma, il figlio/la figlia adolescente, talora intrattabile, talora incomprensibile, si chiude nel suo mondo, convinto/a che i papà e mamma non abbiano tempo per ascoltare, non abbiamo sapienza per consigliare, non abbiamo da proporre esperienze liete per poter convincere che valga la pena diventare adulti, impegnarsi per un amore eterno, generare figli e futuro.
Così sembra che molti si sentano figli di nessuno.
I vicini di casa del cieco guarito neppure lo riconoscono. La guarigione è più oggetto di curiosità e di perplessità che segno del compimento delle promesse messianiche. L’essere vicini crea rapporti troppo superficiali. L’indifferenza sembra una forma di discrezione. Ciascuno per sé, con la sua vita, i suoi problemi: può esserci o non esserci, a chi interessa? Può stare bene o essere malato: chi se ne accorge?
Così sembra che la solitudine sia il destino di molti.
La sinagoga, l’istituzione religiosa in cui si riconosce l’appartenenza al popolo eletto, caccia il cieco guarito. Riconosce di essere stato guarito e difende il comportamento di Gesù: perciò è eretico, è cacciato fuori dalla sinagoga.
Le istituzioni a servizio dei cittadini risultano talora inaccessibili alle persone semplici che non sanno come muoversi in una burocrazia troppo complicata. Quando hanno bisogno di una prestazione e hanno diritto a una attenzione soffrono di lungaggini esasperanti. Hanno talora l’impressione che l’astuzia sia più vantaggiosa dell’onestà. Se non hanno mezzi per ottenere quello di cui hanno bisogno, si sentono abbandonati.
Così sembra che non siano di nessuno.
La storia del cieco guarito è la storia di quelli che non sono di nessuno.

 

  1. Ci comportiamo con molta franchezza. Nella tua luce vediamo la luce.

L’incontro con Gesù apre gli occhi e offre una nuova appartenenza.
Gesù cerca l’uomo al quale ha aperto gli occhi per offrirgli una luce nuova, per riconoscere che la fede apre una nuova strada.
Quelli che non sono di nessuno sono le pecore perdute della casa di Israele che Gesù è venuto a radunare, a convocare in una relazione nuova che non è secondo la carne e il sangue, ma nella grazia che rende figli nel Figlio.
Non esistono figli di nessuno, perché il Padre che è nei cieli ha mandato il Figlio perché coloro che credono abbiamo la vita, partecipino della vita di Dio.
Credi nel figlio dell’uomo?
Quanto è prezioso il tuo amore, o Dio. Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali, si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie (Sal 35).

 

  1. La casa dove abitano i fratelli.

La missione di Gesù si compie nell’offrire una casa dove abitare, dove ci goda la gioia di vivere, dove tutti partecipino dell’abbondanza dei doni e si dissetino al torrente delle delizie.
La Chiesa è edificata dallo Spirito, luogo della libertà e della luce: dove c’è lo Spirito c’è libertà.

La porta di ingresso è la fede in Gesù: il Signore apre gli occhi all’umanità smarrita perché riconosca Gesù la rivelazione del desiderio del Padre di salvare, di avvolgere con la sua luce ogni suo figlio. Il cieco guarito compie il difficile itinerario della fede: ha sperimentato che cosa significhi non essere di nessuno, sperimenta che cosa significhi essere amato, essere cercato, essere salvato da Gesù.

Nella casa del Signore sovrabbonda la gioia. L’essere convocati, l’essere amati, la riconoscenza per i doni ricevuti offre la fonte inesauribile della gioia.

Nella luce del Signore si legge con una nuova luce la vicenda dell’umanità e il cammino da percorrere.

La missione della Chiesa è pertanto di rendere possibile l’incontro con Gesù che chiama alla fede, offrire l’esperienza della gioia, interpretare le vicende umana nella luce di Dio, la speranza del Regno.

Questa comunità è chiamata a rivelare che “quelli che non sono di nessuno”, sono chiamati ad essere di Dio, fratelli nella comunità dei figli di Dio, secondo la fisionomia originaria della parrocchia, confermata costantemente dal riferimento a san Giovanni Bosco.
“Se Dio ha una casa, quella è, di conseguenza, la casa degli uomini che, se credono, devono averne consapevolezza e quindi vivere la propria fede, la propria appartenenza, con responsabilità, coerenza e fraternità sentendosi parte di un’unica famiglia.
Il senso profondo di quelle parole scritte sulla “Chiesa nuova” è il bisogno di una casa da abitare ed una vita, una storia da (con)dividere, trovando le parole giuste per essere sempre consapevoli che essere chiesa senza essere comunità non ha senso per la storia delle persone che la vivono” (cfr Relazione Consiglio Pastorale Parrocchiale)