Share

Che cos’è, infatti la vita, se non dono?

Messa e Processione diocesana del Corpus Domini, Decanato Niguarda-Zara, S. Dionigi in Santi Clemente e Guido - Ospedale di Niguarda - 8 giugno 2023

8 Giugno 2023

  1. Per esempio “donare sangue”.

Desidero fare l’elogio dei donatori e incoraggiare a donare sangue tutti coloro che ne sono in condizione. La presenza di tanti ospedali e case di cura nella città di Milano invita a considerare il donare il sangue come una forma diffusa di solidarietà senza preclusioni, senza protagonismi, senza bisogno di riconoscimenti e né di applausi. È una pratica che deve essere ricordata proprio qui di fronte all’ospedale di Niguarda.

“Donare sangue” dice qualche cosa della verità dell’essere figli e figlie di Dio questo modo di prendersi cura dei malati che la scienza rende possibile. I donatori sono uomini e donne di ogni condizione e convinzione, di ogni cultura e di ogni origine e nel dono che può prolungare la vita fisica di un altro si esprime non solo il dono di una cosa, ma una consapevolezza che la vita è un dono che è vocazione a diventare dono.

Il comando di Gesù: “fate questo in memoria di me” trova nel donare sangue una esecuzione, per così dire, letterale. Questa obbedienza, consapevole o inconsapevole che sia, rivela qualche cosa del mistero profondo dell’essere umano: è fatto a immagine di Dio, rivela nel suo agire la somiglianza al Figlio di Dio che fa della sua vita un dono, fino alla fine.

 

  1. Per esempio: donare tempo.

Desidero fare l’elogio dei volontari, fare l’elogio e incoraggiare quelli che sono l’anima e il sostegno di tante iniziative di solidarietà che rendono ogni angolo di Milano e della Diocesi un angolo sorridente. So che molte associazioni di volontariato lamentano il ricambio di persone più giovani che si facciano avanti perché il bene continui a essere compiuto. So che la vita è diventata complicata e che molte persone, anche volonterose non dispongono di tempo: il lavoro, il pendolarismo, la molteplicità degli impegni di famiglia, tutta la vita costituisce un ingranaggio che logora, consuma, esaurisce le energie e non lascia tempo per il bene che si vorrebbe anche fare. Eppure incontro dappertutto persone che non potendo fare molto, però donano un po’ di tempo, per un’ora di doposcuola, per una iniziativa di domenica, per un servizio di carità al centro di ascolto, o in molti altri modi.

Donare tempo significa donare un po’ della mia vita. Donare tempo talora è più difficile e complicato che “dare una mano”. Per questo, se vuoi fare della tua vita un dono, prova a calcolare quanto tempo puoi donare. Basterà e si moltiplicherà.

 

  1. Per esempio: donare soldi.

Desidero fare l’elogio di coloro che se non possono fare altro, sono però pronti a contribuire con qualche soldo all’impresa di carità. Non si tratta tanto dell’elemosina che serve a mettersi a posto la coscienza e a sentirsi una brava persona perché fa la sua offerta quando è richiesto. Si tratta piuttosto di un senso di appartenenza all’umanità, alla comunità, alla Chiesa che non potendo fare altro, si esprime però con una offerta. Mi fa molto pensare costatare che quando in chiesa di fa la raccolta delle offerte ci sono giovani che neppure pensano che la mano tesa sia rivolta a loro. Hanno in tasca qualche soldo, non mancano a loro i soldi per una serata con amici e per un viaggio interessante, ma per le necessità della Chiesa, per le esigenze della carità si sentono esonerarti per principio.

Il senso di appartenenza a una comunità non si esprime con la pretesa di un servizio (“sono di questa parrocchia, quindi ho diritto a venire qui, a sposarmi qui, a frequentare qui l’oratorio”), ma piuttosto in una disponibilità a servire, anche con qualche spicciolo di cui dispongo.

 

Donare sangue, donare tempo, donare soldi: sono degli esempi banali in questo momento in cui si celebra una solennità così importante come quella del “Corpus Domini”.

Si tratta di gesti minimi: si possono anche disprezzare come aspetti marginali. Forse può essere considerato inopportuno richiamare l’attenzione sui gesti minimi, quando si dice che è il sistema che è sbagliato. C’è il rischio che applaudire il gesto minimo possa distogliere l’attenzione dalla drammaticità dei problemi e dalla perversione di un sistema iniquo, ingiusto.

Tuttavia contemplando l’offerta che Gesù fa di sé (“questo è il mio corpo”; “questo è il mio sangue”) ci lasciamo convincere a praticare i gesti minimi che siano segno di un modo di intendere la vita. Non si tratta di ridursi a qualche piccola opera buona quasi che basti a riscattarte tutta una vita vissuta in modo sbagliato, tutto un sistema che umilia l’umanità.

Donare sangue, donare tempo, donare soldi: sono solo piccoli esercizi accessibili a tutti. Però possono essere un piccolo incoraggiamento a fare piccoli dono perché tutta la vita sia dono.

 

Che cos’è, infatti, la vita se non un dono?

Colui che mangia di me vivrà per me (Gv 6,57): i discepoli che entrano in comunione di fede con Gesù vivono per lui, vivono di una vita che si fa dono, come Gesù si è fatto pane per la vita del mondo.