- La visita pastorale.
Per dire: “voi mi siete cari, voi mi state a cuore”. Voi, come fratelli e sorelle, come persone che vivono la loro storia, la loro famiglia, la loro professione ciascuno portando i suoi talenti, le sue buone intenzioni, le sue fatiche, i suoi peccati. Esprimo la mia sollecitudine attraverso frati, suore, preti che il vescovo manda perché questa chiesa sia accogliente, sorridente, casa del silenzio, della preghiera, della misericordia. Ringrazio la comunità dei Servi di Maria che assicurano la continuità del servizio pastorale, culturale, caritativo che questo chiesa e questa di persone consacrate hanno offerto diventando un punto di riferimento per molti
Oggi però sono venuto a dirvelo di persona: voi mi siete cari.
Per dire: “siamo l’unica Chiesa di Milano, nessuna comunità, nessuna realtà ecclesiale, associazione, movimento può essere autoreferenziale”. Il riferimento al Vescovo e al Papa sono le grazie per dare storia alla fede e renderla principio di fraternità universale.
Per ascoltare la Parola di Dio e trarne indicazioni per la missione.
- Cantano un canto nuovo
Il cantico della vittoria dell’Agnello immolato risuona nel cielo, rivela l’armonia dei mondi, percorre l’universo come un fremito di esultanza e un’intima gioia.
Il cantico risuona incomprensibile a coloro che non portano sulla fronte il nome dell’Agnello e quello del Padre suo.
I discepoli di Gesù sono una presenza incomprensibile nella storia che si lascia dominare dal principe di questo mondo. I discepoli di Gesù sono chiamati a portare il peso di questa incomprensione.
Non sono senza difetti, non sono ineccepibili, sono poveri peccatori come tutti, ma seguono l’Agnello dovunque vada.
- Il sospetto di essere perdenti
Anche nei discepoli si insinua talora il dubbio di perderci: ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che consa dunque ne avremo? Pietro si fa voce del sospetto che non sia conveniente seguire Gesù. Che cosa ci si guadagna?
In ogni tempo i discepoli sono tentati uniformarsi alla mentalità mondana che suggerisce di pensare ai propri interessi, di tenere per sé quello che si possiede e di strumentalizzare tutto e tutti al proprio vantaggio, di “imparare a stare al mondo”.
- Il cantico dei redenti.
Il cantico incomprensibile al mondo è esprime la gioia dei redenti, l’invincibile gioia di chi segue l’Agnello, la gioia che si celebra nella Eucaristia.
La gloria dell’Agnello rivela che la sua morte, la sua immolazione offre il dono della vita eterna. Ecco la parola incomprensibile alla mentalità del mondo, ecco la “prima strofa” del cantico dei redenti. Infatti la speranza è stata esiliata dalla mentalità contemporanea e la convinzione indiscutibile sembra quella che suggerisce di rassegnarsi perché tutti e tutto sono destinati al nulla e all’insensato. Dunque, se tutto va a finire nel nulla, perché scegliere il bene invece che il male, il sacrificio per fare il bene, invece che la comodità di non fare niente e il piacere di accontentare ogni capriccio?
C’è invece la speranza della vita eterna, della vita felice per sempre, della vita di Dio. La strada della speranza è la sequela dell’Agnello, stare con Gesù, vivere con lo stile di Gesù, praticare il comandamento di Gesù. “Lasciare tutto” cioè non adorare nulla e nessuno, per sperimentare il “cento volte tanto” della fraternità universale costruita non sui rapporti di parentela o di interesse, ma sul comandamento di Gesù. Questa è la “seconda strofa” del cantico dei redenti, la fraternità.
I discepoli, i redenti seguono Gesù non come un gregge anonimo, ma come coloro che sono stati chiamati per nome e hanno risposto alla loro vocazione con sincerità: non fu trovata menzogna sulla loro bocca, sono senza macchia. Non hanno fatto le loro scelte per un calcolo meschino, non hanno secondo fini, sono sinceri. La sequela di Gesù è frutto di una risposta, di una conversione personale: una intima persuasione crea la condizione per l’adesione libera, sincera, definitiva, che dà buone ragioni per resistere alle tentazioni del compromesso, dell’ambiguità, della mediocrità.
La “terza strofa” del cantico dei redenti esalta questa sincerità dell’adesione al Signore Gesù, l’Agnello immolato, principio di risurrezione.