- La visita pastorale.
La visita pastorale è l’occasione per il vescovo per incontrare ogni comunità e dire: “voi mi state a cuore, io sento responsabilità per voi”. Ma ora si compie nella semplicità di un incontro fraterno: voi mi siete cari. Normalmente la sollecitudine per le diverse comunità è espressa attraverso i preti, i diaconi, gli operatori che ricevono dal vescovo il mandato. Ma oggi sono venuto di persona per dirvi: voi mi state a cuore!
La visita pastorale è anche il momento per dire a ogni comunità parrocchiale e locale: “Voi fate parte della Diocesi. La Chiesa non è realizzata nella singola parrocchia, ma nella comunità diocesana, nella sua articolazione decanale. Ogni parrocchia trae vantaggio dall’essere coinvolta nella edificazione della Comunità Pastorale di s. Paolo VI, chiamata a interpretare un territorio relativamente omogeneo della città. Ogni parrocchiano e ogni gruppo e ogni parrocchia sa che il cammino non è facile, in particolare per le persone più affezionate alla loro comunità e chiesa parrocchiale.
Ma una lettura sapiente della storia e del presente e uno sguardo lungimirante sul futuro può riconoscere che ogni comunità pastorale, ogni parrocchia e decanato traggono vantaggio dal riferimento alla Diocesi, alle proposte, agli eventi, ai calendari diocesani per condividere lo slancio missionario, le priorità pastorali, la sollecitudine per tutte le Chiese. E la Diocesi ha bisogno di ogni parrocchia, si arricchisce di ogni esperienza e competenza locali”.
La visita pastorale è l’occasione per ascoltare la Parola di Dio e interpretarla come messaggio per noi, oggi.
- L’umanità incompiuta.
Tra gente di questo tempo si è diffuso la persuasione che il futuro sia più da temere che da desiderare. Perciò abitano nell’animo delle persone desideri che sembrano destinati a rimanere sogni, cammini che sembrano segnati da una interruzione irrimediabile. Abitiamo una umanità incompiuta senza speranza di compimento. Vorrei essere felice, ma bisogna accontentarsi di essere tranquillo e godersi qualche momento di allegria. Vorrei essere amato e amare di un amore fedele, eterno, ma bisogna accontentarsi del provvisorio. Vorrei sapere la verità, avere le risposte alle domande che mi inquietano, ma bisogna accontentarsi di condividere le opinioni più diffuse e le incertezze meno precarie. Vorrei vivere bene, per sempre, ma bisogna accontentarsi di una vita che va, inevitabilmente verso la morte.
- Fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo
Per l’umanità incompiuta la comunità cristiana ha una parola da dire: in Gesù l’umanità incompiuta riceve l’annuncio della vocazione al compimento, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo (Ef 4,13).
La comunità cristiana abita la terra per farsi voce, cammino, annuncio della speranza del compimento.
Come sarà una comunità che sia annuncio persuasivo dell’oltre possibile, della speranza affidabile, della chiamata che merita di essere accolta con una vita degna?
Le comunità scontente, affaticate, lamentose, complicate da beghe interne, afflitte da nostalgie inguaribili, arrabbiate, confuse, potranno svegliare l’umanità rassegnata, incoraggiando il cammino verso l’uomo perfetto?
Piuttosto raccogliamo dalla Parola che è stata annunciata qualche tratto della comunità che vorremmo essere.
- Una comunità di persone che confidano nel Buon Pastore che dà la vita per le pecore. Hanno fiducia, stanno con lui, lo seguono. La fede e la comunione con Gesù.
- Una comunità di persone che sanno di essere conosciute personalmente: non un gregge anonimo, ma un popolo di volti, persone, vocazioni personali.
- Una comunità che sa distinguere i mercenari del buon pastore e riconosce chi fa della sua vita un dono, mentre cerca di evitare di fidarsi di chi fa del servizio un pretesto per il proprio interesse.
- Una comunità che sa del pericolo del lupo. L’immagine è per dire che non si può tacere di una diffusa tentazione che insidia la comunità, in particolare questa comunità del centro storico di Milano e ne affatica la vita: la dispersione che contrasta il senso di appartenenza, la difesa dei propri tempi che induce a sottrarsi a impegni e responsabilità continuative, l’atteggiamento ambiguo verso il contesto, tra timidezza e indifferenza.
Le figure dei santi che veneriamo, san Carlo, patrono della diocesi, san Paolo VI patrono della Comunità pastorale sono esemplari per il modo con cui sono stati “pastori secondo il cuore di Cristo” e hanno affrontato le sfide del loro tempo con intelligenza, determinazione, passione apostolica.