Si affollano domande, si percepisce un’inquietudine, è diffuso un senso di disagio e di inadeguatezza. Da molti anni il tema e la pratica della catechesi a tutti i livelli e per tutti i destinatari sono abitati da una generosità ammirevole, da una seria competenza e insieme da frustrazioni, perplessità, scoraggiamento. La celebrazione del Giubileo della speranza è la grazia di accogliere la promessa del Signore di non deludere chi si affida a lui. E noi vogliamo cercare in Gesù l’interlocutore delle nostre domande e l’incoraggiamento per il nostro servizio.
1. Io sono incapace
Mi piace stare con i bambini. Mi piace vedere il gruppo degli adolescenti. È commovente vedere l’entusiasmo dei catecumeni. Mi interessa entrare in dialogo con gli adulti miei coetanei. Ma non sono capace, non sono all’altezza.
«Come lo annunceranno se non sono stati inviati?». La domanda retorica di Paolo diventa una domanda seria. Il servizio che i catechisti e le catechiste sono chiamate a prestare alla comunità non è proporzionato alle capacità delle persone, non ha la garanzia dei risultati. È il ministero di alcuni che “sono inviati”. Le persone si convincono a prestare il servizio della catechesi per molte ragioni: perché invitate dal parroco, perché tra i bambini c’è una figlia o un figlio che si prepara alla Prima Comunione, perché non c’è nessuno che lo fa, perché lo si fa da tanti anni, perché… perché…
Ma è necessario riconoscere che attraverso tutti questi “perché” c’è una parola di Gesù, c’è un mandato che viene dal Signore. La celebrazione del mandato e, in forma più evidente, l’istituzione di alcuni come ministri per la Catechesi, per il Lettorato, per l’Accolitato sono una grazia per riconoscere il principio e l’anima di questo servizio. Da dove si comincia a “fare catechismo”? Si comincia dalla relazione con Gesù. Si comincia da un’amicizia che convince a condividere i sentimenti di Gesù. Si comincia dall’obbedienza alla sua parola: «Andate […] insegnate».
Coloro che sono mandati non sono scelti perché sono i migliori, perché hanno già studiato il manuale, perché si fanno avanti con ingenua generosità. Sono scelti perché Gesù li ha trovati disponibili, perché Gesù li ha chiamati amici per condividere la sua missione di annunciare la buona notizia del Regno di Dio che viene.
Se il rapporto con Gesù finisce nel vago, in un presupposto scontato e irrilevante, se il rapporto con Gesù diventa solo una pratica da raccomandare ai bambini, se il rapporto con Gesù è ritenuto meno importante della tecnica comunicativa o dell’artificio di animazione, credo che fare catechismo non porterà frutto, né per la catechista o il catechista, né per i destinatari della proposta.
A servizio, perché mandati da Gesù.
2. Che cosa devo dire? Quali discorsi interessano ai ragazzi e alla gente di oggi?
«Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare?». Non abbiamo altro da dire che Gesù. Non c’è altro nome in cui possiamo essere salvati se non il nome benedetto di Gesù. Non abbiamo altro scopo che aiutare bambini, adolescenti, giovani, adulti a incontrare Gesù.
Non si deve sottovalutare la ricchezza degli itinerari proposti, l’accuratezza dei sussidi preparati, il contributo delle competenze pedagogiche, psicologiche, didattiche, ecc. È però necessario che non si perda di vista l’essenziale. I catechisti istituiti non saranno “super catechisti”, ma incaricati di aiutare tutti quelli che fanno catechismo a non dimenticarsi di Gesù: il Gesù dei Vangeli, non quello dell’immaginazione; il Gesù crocifisso, morto, risorto, Signore, non un simbolo di buoni sentimenti e di vaghe tenerezze.
I catecumeni che “chiedono il Battesimo”, come si usa dire, sono testimoni del desiderio di comunione con Gesù nella santa Chiesa di Dio che lo Spirito ha suscitato nei loro cuori. C’è sempre il rischio di immaginare la catechesi come un’opera di seduzione, catturando l’attenzione con l’accondiscendenza alle aspettative, alle fantasie, ai luoghi comuni che abitano i pensieri di molta gente. L’esito è – talora – che il sale ha perso il suo sapore e la parola che chiama a conversione si riduce a una parola che dà ragione a quello di cui uno è convinto.
La verità di Gesù attestata nei Vangeli è la buona notizia che merita di essere annunciata.
2. Come si fa a parlare alla gente di oggi?
Fin da bambini abitano un mondo che li ingabbia nell’algoritmo. Per non parlare degli adolescenti: come fare per aiutarli a vivere la concretezza della vita cristiana nella concretezza della Chiesa nella concretezza di una vocazione?
«Prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno». Le parole più necessarie sono quelle della fiducia. Ci sono molti segnali che dicono di sfide inedite e di difficoltà di comunicazione esasperanti. Ci sono esperti che studiano la situazione, individuano i nodi complessi che estenuano la libertà, la fantasia, lo slancio verso la vita di questa generazione. Sono esperti che ci offrono indicazioni preziose e metodologie incisive.
Ma le parole più necessarie sono quelle della fiducia. Gesù questo raccomanda ai suoi discepoli, mediocri e increduli, perché non esitino a partire e non si scoraggino lungo il cammino. In sostanza la promessa di Gesù è che lui non ci abbandonerà mai. Gesù opera con noi, con la sua grazia infonde in noi la sapienza. In lui tutto è stato fatto e tutto è attratto da Gesù innalzato da terra. Tutto e tutti, anche le persone più distratte, anche la gente che sembra una strada dove sarebbe stolto seminare. Noi continuiamo a seminare perché seguiamo Gesù che è passato dappertutto seminando la parola e facendo del bene.
In conclusione, celebriamo il Giubileo dei catechisti e rendiamo grazie per il servizio che rendono alle nostre comunità: un vero miracolo! E di fronte alle domande e alle fatiche noi non abbiamo altra risposta: Gesù è la via, la verità, la vita.

