La liturgia ambrosiana elimina un’antifona maggiore, questa, prevedendo che sempre entro la novena un giorno viene sottratto al settenario delle ferie prenatalizie per essere dedicato alla celebrazione della sesta domenica d’avvento, e più precisamente alla solennità della divina maternità di Maria. Ma nella successione originaria delle antifone maggiori, il 20 dicembre prevede l’acclamazione a Cristo come “Chiave di Davide”. Nel linguaggio biblico la chiave (che era un oggetto molto diverso delle nostre chiavi attuali, molto pesante e ingombrante) ha senso traslato, ed è simbolo dell’autorità. Dare le chiavi è delegare la autorità che si detiene.
L’autorità del Messia sarà tale che egli potrà aprire in modo definitivo il paradiso e chiudere in modo definitivo l’abisso degl’inferi. L’esperienza dell’uomo d’ogni tempo, bisognoso di salvezza, si identifica, secondo Lc 1, 79 con quella di un giacere a terra in un buio carcere, nell’attesa di essere liberati. L’icona della risurrezione di Cristo, secondo l’iconografia bizantina, rende bene l’immagine dell’Adam stretto in vincoli nel mondo vecchio e l’azione liberatrice di Gesù risorto.
Nell’antifona della quarta feria prenatalizia si esprime così l’anelito universale dell’umanità a essere gratuitamente liberata da un’esistenza dominata da molte schiavitù e dal buio; e tale liberazione la si invoca dal Figlio di Dio fatto uomo, Colui che in grazia della sua solidarietà d’amore con l’umano, assume in sé tutto il male e dischiude una sicura liberazione. Nella predicazione di Gesù, l’unica volta che egli si esprime con un’invettiva severa è appunto nei confronti di coloro che, detenendo un’autorità nel popolo di Dio, chiudono l’accesso alla conoscenza del mistero di Dio.