Le fonti più antiche sulla vita di san Clemente, che fu papa dopo Pietro, Lino e Cleto (come è ricordato nel Canone romano della messa), sono gli Atti , redatti nel IV secolo, ma poco attendibili perché troppo arricchiti di particolari. Di fantasia è anche la versione riportata dalla Legenda Aurea. Secondo quella tradizione, Clemente fu mandato in esilio in Crimea, e qui costretto a lavorare in miniera. Fece miracoli e ottenne molte conversioni con la sua predicazione. La tradizione iconografica dell’àncora presso il suo sepolcro, simbolo della saldezza della fede, colorì di un nuovo particolare la sua leggenda: si credette che fosse stato gettato in mare da una nave con un’àncora al collo. Secondo il Liber Pontificalis, Clemente nacque nel I secolo nel quartiere romano di Montecelio. Con certezza si sa che fu vescovo di Roma sotto gli imperatori Galba e Vespasiano. A nome degli anziani della sua Chiesa intervenne per riportare la concordia e l’unità nella Chiesa di Corinto, lacerata da divisioni circa l’autorità all’interno della comunità cristiana. Nella sua lettera, con tono umile ma colmo di sapienza, Clemente ricorda ai cristiani di Corinto che la via dell’unità e della pace tracciata da Cristo passa per quella dell’umiliazione e della sottomissione per amore, secondo anche l’insegnamento di Paolo, che costituiva un legame fra i cristiani di Roma e quelli di Corinto. Ebbe la fama di uomo mite ed evangelico.