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Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e dottore della Chiesa

Sabato della settimana della VIII Domenica dopo Pentecoste

1 Agosto 2020

Nasce nel 1696 e muore nel 1787: una lunga vita, segnata dalle complesse vicende del XVIII secolo. Primogenito di nobile famiglia napoletana, molto religiosa: oltre a lui quattro dei suoi sette fratelli si consacrarono al servizio del Signore.
Giovanissimo, conseguì il titolo di dottorato in utroque iure, dopo un itinerario di studi in famiglia, e divenne ben presto uno dei più rinomati giureconsulti di Napoli. Dopo aver ricevuto incarichi di prestigio, deluso dalla vita professionale e dal clima della società del tempo, in seguito a un’esperienza mistica, scelse la vita ecclesiastica, rinunciando ai diritti della primogenitura e simbolicamente deponendo la spada di cavaliere ai piedi della statua della Madonna nella chiesetta della Mercede presso Porta Alba.
Dopo gli studi teologici, a trent’anni venne ordinato prete e si dedicò subito ai diseredati abbandonati alla miseria e accampati per le strade della città. Nel 1732 fondò le “Cappelle serotine” in cui raccoglieva questa povera gente detta dei “lazzaroni”. A Scala, sopra Amalfi, concepì e pian piano diede forma al disegno di una Congregazione dedita alla missione popolare, soprattutto tra i più abbandonati: i Redentoristi, e il ramo femminile contemplativo delle Monache del SS. Redentore.
Nel 1762 fu eletto vescovo di Sant’Agata dei Goti. Nel 1775 consegnò le dimissioni dall’episcopato nelle mani di papa Pio VI e rimase superiore della Congregazione risiedendo a Pagani, nel Salernitano. In questo periodo l’Istituto dei Redentoristi dovette soffrire per l’ingerenza del potere civile napoletano, ingerenza duramente condannata dal papa. Indebolito nel fisico e fiaccato nell’animo, pur sempre docile alle vie di Dio e alle sue mediazioni umane, morì il 1° agosto 1787.
Rimane una delle figure più significative del XVIII secolo italiano. Canonizzato nel 1839, nel 1987 è proclamato dottore della Chiesa, per la sua abbondantissima opera di scritti morali (“probabilismo”) e ascetico-edificanti, opera peraltro molto discussa; nel 1950 ricevette il titolo di “patrono dei confessori e dei moralisti”.