1. Una vita sbagliata
San Paolo riconosce di aver vissuto una vita sbagliata: ho bestemmiato chi devo adorare, ho perseguitato coloro che sono miei fratelli, mi sono impegnato tanto per uno scopo criminale. Ho vissuto una vita sbagliata.
In un modo meno violento e clamoroso, possiamo forse riconoscere che anche noi abbiamo vissuto o stiamo vivendo una vita sbagliata. Non la persecuzione violenta, ma l’indifferenza; non l’impegno per uno scopo sbagliato, ma l’inclinazione ad evitare ogni impegno; non il bestemmiare, ma il non saper pregare; non la corsa verso una direzione vergognosa, ma il non correre verso nessuna direzione. Una vita sbagliata è quella del persecutore violento, ma è sbagliato anche vivere una vita insignificante, senza avere uno scopo, senza ardere di una passione per Gesù, senza dedicarsi con zelo alle opere di Dio.
2. La parola che chiama: la consacrazione di suor Alice
La celebrazione che stiamo vivendo per la professione perpetua di suor Alice può essere l’evento solenne non solo per lei, che decide la sua vita in modo definitivo, ma per tutti noi che avvicinandoci al fuoco possiamo lasciarci accendere ad un nuovo ardore. Paolo ha sperimentato l’irrompere della gloria del Risorto in un modo drammatico e sconvolgente. Ha sperimentato la misericordia sorprendente di Dio.
Così anche questa celebrazione, così anche suor Alice e i consacrati, le consacrate, coloro che fanno una scelta definitiva di vita cristiana, nella Verginità o nel Matrimonio possono essere per tutti quell’incontro che interrompe una vita sbagliata.
3. «Proclamare l’anno di grazia del Signore»
La presenza di Gesù nella sinagoga della sua città è il momento per annunciare il compimento della profezia di Isaia. La presenza di Gesù in mezzo a noi è l’occasione per proclamare l’anno di grazia che stiamo vivendo, l’anno del Giubileo della speranza.
Per ciascuno di noi è quindi proclamato l’anno di grazia del Signore. A quale nuova vita ci chiama la presenza di Gesù? Quale messaggio ci rivolge suor Alice in questo evento? La profezia di Isaia può forse nominare i tratti della conversione alla quale siamo chiamati.
3.1. «Ai poveri il lieto annuncio»
C’è dunque un messaggio di gioia, l’annuncio della speranza. Si proclama una parola di consolazione. Chi ascolta Gesù riceve un motivo per reagire allo scoraggiamento, al malumore, alla disperazione. Ecco: viene la gioia di Dio! La nostra vita è talora una povera vita, tribolata, complicata, ferita. Ecco: la gioia di Dio visita proprio questa vita, questa povertà per seminarvi la speranza. L’anno di grazia.
3.2. «Ai prigionieri la liberazione»
Finalmente poter deporre il peso che grava sulle spalle, spezzare le catene che trattengono la libertà. Isaia annuncia la liberazione del popolo ridotto in schiavitù. A noi Gesù offre la libertà dalle nostre schiavitù, le abitudini sbagliate, i vizi che rovinano la vita, i rancori, i risentimenti che non guariscono con il perdono e la riconciliazione.
L’anno di grazie è l’occasione propizia per sperimentare la grazia del perdono: finalmente sono stato perdonato, finalmente ho perdonato.
3.3. «Ai ciechi la vista»
Guardare avanti e vedere dove stiamo andando, a quale meta siamo chiamati, verso quale scopo vale la pena di correre. Se non vediamo, dove possiamo andare? E questo tempo sembra immerso nelle tenebre e la gente del nostro tempo sembra malata di cecità: non vede una meta, non vede una strada.
La parola di Gesù è l’accendersi della lampada che permette di vedere la strada, è l’annuncio della promessa che indica la meta.
La consacrazione definitiva può essere vissuta così, come un evento di grazia che annuncia l’anno di grazia. Ringraziamo suor Alice per la sua testimonianza nel consacrarsi per vivere il carisma delle Suore dell’Immacolata di Ivrea, seguendo gli insegnamenti della fondatrice e delle sorelle sante dell’istituto.

