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L’incombere della catastrofe: c’è una possibilità di salvezza?

Memoria del beato Alfredo Ildefonso Schuster. Commemorazione degli Arcivescovi defunti, Milano, Duomo - 30 agosto 2025

30 Agosto 2025

1. L’imminenza del disastro

 «Il crollo avviene in un attimo, improvvisamente, e s’infrange come un vaso di creta, frantumato senza misericordia». Il profeta annuncia l’imminenza del disastro: crolla improvvisamente la casa costruita sulla presunzione, finisce in frantumi la potenza accumulata a furia di ingiustizie. È una catastrofe: la vita è distrutta, le case distrutte, non rimane neppure un coccio con cui si possa attingere acqua dalla cisterna. Il popolo è cacciato via e disperso, la gente deve scappare, non c’è pietà, non c’è legge che si debba rispettare, non c’è una autorità che si imponga per scongiurare la rovina.

L’imminenza del disastro non è più solo una profezia. È lo spettacolo quotidiano di questa umanità composta da «figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge del Signore».

 

2. L’ostinazione e l’indifferenza

Di fronte alla parola che annuncia l’imminenza del disastro e la gravità della catastrofe come si comportano i protagonisti della storia, i potenti dei popoli?

Ci sono quelli che sono infastiditi da ogni parola di buon senso, che non sopportano chi parla in nome di Dio: «Essi dicono ai veggenti: “Non abbiate visioni” e ai profeti: “Non fateci profezie sincere”». Essi consultano gli esperti e i professionisti e dicono loro: “Dateci ragione”. Parlate così male della legge di Dio da autorizzarci a fare a meno di Dio, «toglieteci dalla vista il Santo d’Israele». I prepotenti si ostinano nella loro prepotenza e si convincono che per essere sicuri si devono annientare i nemici e rovinare il pianeta.

Ci sono quelli che sono indifferenti, che hanno altro da pensare, secondo i quali se queste cose capitano è perché sono sempre capitate, se oggi si registrano questi disastri non si fa altro che scrivere pagine già scritte e raccontare storie già raccontate.

Ci sono quelli che sono tormentati dalla loro impotenza. Vedono la catastrofe e si struggono di non poter fare niente. Protestano e le loro proteste non servono a niente. Pregano e le loro preghiere non servono a niente. Esprimono solidarietà, offrono aiuti alle vittime e tutto quello che riescono a fare è come chi toglie un po’ di polvere dalle macerie.

 

3. L’opera di Dio

In questa desolazione si è accesa una luce, è stata detta una parola che indica la direzione. In questa desolazione il Verbo si è fatto carne e noi abbiamo visto la sua gloria. Quando è stato incarcerato il profeta, inizia una nuova profezia: «Quando Gesù seppe che Giovani era stato arrestato […] cominciò a predicare». E la prima parola di Gesù risuona come la parola improbabile, come la notizia incredibile: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Dunque, è adesso che bisogna cambiare vita, è adesso che siamo chiamati a riconoscere l’opera di Dio e l’avvicinarsi del regno dei cieli; dunque è proprio adesso che Dio offre la riconciliazione e la salvezza: «Quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi».

La rivelazione dell’opera che Dio compie in questa storia, in questa tribolazione alimenta una speranza invincibile: «E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato». Il richiamo di Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo è la parola profetica in cui trovano incoraggiamento coloro che sono mortificati dalla loro impotenza: la speranza non delude. Siamo il popolo della speranza, perciò della contemplazione dell’opera di Dio, perciò della preghiera, perciò della profezia, impotente eppure incontrovertibile.

Rendiamo grazie al Signore per coloro che nella storia recente della nostra Chiesa diocesana ci hanno annunciato questa parola: «Convertitevi, il regno dei cieli è vicino». Nella città bombardata il Beato Card. Schuster, nelle sfide della società inquieta, violenta, arrabbiata e impaurita, nella desolazione degli abbandoni e dell’indifferenza i Vescovi degli ultimi decenni, non hanno altra parola di quella del Vangelo.

In questo tempo di guerre, nell’imminenza del disastro, non ci è consentita la rassegnazione, non ci è permessa la disperazione. Non c’è altra parola che quella di Gesù: «Convertitevi, il regno dei cieli è vicino».