1. Il progetto incompiuto
Le nozze sono state preparate, ma non basta. La festa è cominciata, ma è destinata al fallimento. L’incompiuto è l’esperienza di molti percorsi che coltiva desideri buoni, che custodisce speranze legittime, ma deve costatare che le speranze sono deluse e i desideri buoni non si realizzano.
Mentre si dice che la speranza non delude, si incontrano dappertutto quelli delle speranze deluse: speravamo, ma siamo rimasti delusi. Speravamo la pace, speravamo l’amore, speravamo i bambini, speravamo… ma siamo rimasti delusi.
Molti sono tentati di rassegnarsi: “È la vita”, siamo destinati a vite incompiute, a desideri piccoli, a un piccolo sollievo, a feste precarie. Maria, alle nozze di Cana, suggerisce ai servi di non rassegnarsi, piuttosto di fare quello che dice Gesù.
2. Quello che non basta
I servi eseguono l’ordine di Gesù, fanno molto, riempiono le giare, una quantità enorme. Ma è acqua. Portano a Gesù i frutti del loro sforzo e del loro impegno, ma quello che offrono non è quello di cui c’è bisogno.
Che cosa significa quest’acqua dell’inadeguatezza, dell’insufficienza? Cos’è che riempie la vita di coloro che vorrebbero preparare la festa e riescono solo a offrire l’inadeguato?
La prima giara piena d’acqua, piena di ciò che non serve, è la giara piena delle buone intenzioni: i propositi di bene che non si riesce a portare a buon fine, il desiderio dei genitori di vedere contenti i loro figli, fare di tutto per loro: e sono sempre scontenti! Il desiderio delle persone di fede di trasmettere la fede alle giovani generazioni: e le giovani generazioni restano indifferenti, estranee! La buona intenzione di essere buoni, santi, generosi: e poi ci si ritrova quei peccatori di sempre!
La seconda giara piena d’acqua, piena cioè di quello che non serve, è quella della comunità imperfetta: incontrarsi, condividere la preghiera, i programmi, elaborare le proposte. E poi la gente non viene, e poi la gente non si vuole bene, e poi la gente insiste nelle critiche. Forse tutti sono animati da sincera buona volontà, ma poi si insinuano divisioni, puntigli, divergenze.
La terza giara piena d’acqua, piena cioè di quello che non serve, è quella dei talenti sepolti: ciascuno ha ricevuto doni diversi, capacità, qualità, talenti preziosi. Ma c’è chi li nasconde sotto terra. C’è chi si sottovaluta, c’è chi è bloccato dalla timidezza, dalla paura, c’è chi è spento dalla malavoglia. Ci sono molti doni perché ciascuno esprima sé stesso e giovi al bene di tutti, ma il talento è sepolto sotto terra.
La quarta giara piena d’acqua, piena cioè di quello che non serve, è quella delle fatiche inconcludenti: alcuni si mettono d’impegno, si dedicano ad un’opera con buona volontà e fatica, si dedicano ad uno studio, si dedicano ad una attività professionale, si dedicano ad un servizio alla comunità. E non si combina niente, si arriva a sera e si dice: sono stanco, ma non ho combinato niente, niente è andato a buon fine.
La quinta giara piena d’acqua, piena cioè di quello che non serve, è quella del pensiero smarrito: si pensa molto, si cercano informazioni aggiornate su ogni possibile canale di comunicazione, si ascoltano predicatori e maestri e si ha l’impressione che sull’essenziale non si capisca niente. Sanno tutto, aggiornati su tutto, ma le domande decisive rimangono senza risposta: chi sono io? Perché sono al mondo? Chi è Dio? Che cosa vuole Dio da me? C’è qualcuno che veramente mi ami? Dove andremo a finire?
La sesta giara piena d’acqua, piena cioè di quello che non serve, è quella della solitudine disabitata: vorrei pregare, mi ritiro in silenzio, sento il bisogno di incontrare Dio e mi ritrovo in solitudine, come in una casa disabitata.
3. Il vino migliore
Quello che fanno i servi è molto, ma solo la parola, la presenza, la grazia di Gesù rende vino migliore quello che portiamo alla festa che vogliamo celebrare. Come avviene questo?
Le buone intenzioni consegnate a Gesù diventano paziente e sapiente obbedienza alla sua parola. La comunità imperfetta consegnata a Gesù diventa un cuore solo e un’anima sola perché nutrita dell’unico pane: per potenza di Spirito Santo di si forma un popolo nuovo, un cuore nuovo. I talenti sepolti, consegnati a Gesù, fruttificano come compimento della vocazione di ciascuno per il bene di tutti. Le fatiche inconcludenti, consegnate a Gesù, diventano partecipazione all’opera del seminatore che non pretende di calcolare i risultati, ma continua a seminare. Il pensiero smarrito, consegnato a Gesù, diventa gioia della verità. La solitudine disabitata, consegnata a Gesù, diventa comunione e confidenza.

