1. La Visita Pastorale
La Visita Pastorale è l’occasione per dirvi: “Voi mi siete cari. Voi mi state a cuore”. Normalmente il Vescovo esprime la sua sollecitudine per le comunità inviando i preti e coloro che ricevono dal Vescovo il mandato di prendersi cura della Chiesa nel territorio. La Visita Pastorale è l’occasione per dirlo di persona.
La Visita Pastorale è l’occasione per esprimere e raccomandare la consapevolezza di essere parte della Chiesa di Milano, e di essere inseriti nella comunione cattolica. Le presenze e la storia della comunità comprendono una vocazione a tener insieme l’attaccamento alla propria Parrocchia e ad allargare gli orizzonti per una pastorale d’insieme nella Comunità Pastorale, per una pastorale giovanile ed iniziative a livello decanale, ed a tenere vivo lo sguardo sulla missione ad gentes nella Chiesa universale.
La costituzione della Comunità Pastorale “San Giovanni Battista”, costituita il 1° settembre 2008 si è rivelata «un cammino molto proficuo. Molti fattori hanno contribuito al raggiungimento di tale risultato. Innanzitutto la disponibilità della gente a camminare insieme, poi la continuità della presenza dei sacerdoti. Importante è stato anche il non individuare un sacerdote di riferimento per ogni parrocchia. Le parrocchie sono infatti seguite e servite da tutti i sacerdoti che si dividono i settori della pastorale. Anche i laici lavorano insieme e molte realtà sono diventate interparrocchiali (gruppi di spiritualità familiare)». Inoltre, la Caritas «ci ha dato la possibilità di essere vicini a molte famiglie in difficoltà, attraverso il Banco Alimentare, aperto nel nostro Decanato» (Relazione del Consiglio Pastorale).
La Visita Pastorale è il momento per ascoltare insieme la Parola di Dio, quello che il Signore vuole dire oggi a questa comunità, nella celebrazione della Messa domenicale.
2. Il pericolo dell’organizzazione senz’anima
C’è anche questo rischio: fare molte cose, avere molte qualità, impegnarsi in molte fatiche, ed essere niente. Le nostre comunità sono molto organizzate, sono ricche di iniziative per affrontare tanti bisogni di anziani, giovani, bambini; si prendono cura delle strutture che i nostri padri hanno costruito perché siano sicure, accoglienti, belle. C’è il rischio che tutto l’impegno diventi sterile, una fatica che non conosce la gioia, una tradizione che si svuota delle sue ragioni e sta in piedi perché deve starci.
Paolo segnala questo pericolo e ci fa molto pensare: «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe».
3. Il comandamento nuovo
In realtà c’è una sola cosa da fare, c’è un solo rimedio a quello svuotamento che rende sterile tutto l’impegno. C’è un solo comandamento: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri». La novità del comandamento di Gesù non è nella parola «amatevi», ma piuttosto nel riferimento a Gesù: «come io ho amato voi».
Come ci ha amato Gesù? Come lo possiamo sapere se non stiamo con lui, se non ascoltiamo lui, se non abbiamo confidenza con lui? La parola del Vangelo non è un libro da leggere, ma un invito a far parte della comunità, ad ascoltare la sua parola, a lasciarci correggere nel nostro protagonismo, nella nostra inerzia, nel nostro volontarismo.
4. Una “comunità alternativa”
La pratica del comandamento di Gesù dà vita a un modo nuovo di vivere, di stare insieme, di gestire tutti gli aspetti della comunità. La comunità descritta negli Atti degli Apostoli è l’ideale di una comunità alternativa e tre aspetti ci possono interrogare:
- la forza della testimonianza degli apostoli, che annunciano la risurrezione di Gesù;
- la comunione dei molti in un cuor solo ed un’anima sola;
- la condivisione dei beni: «fra loro tutto era comune».
Come si rendono visibili in questa nostra comunità i tratti che caratterizzano la comunità cristiana? In che cosa dobbiamo correggerci? Sembra infatti che l’annuncio della risurrezione sia diventato debole, che la comunione fraterna sia minacciata da molte forme di egoismi e di individualismo, che ciascuno tenga per sé quello che possiede e anzi cerchi di far crescere le sue proprietà, anche a scapito di altri.
Pellegrini di speranza, noi non ci lasciamo scoraggiare, ma continuiamo a essere in cammino.

