1. Le apparizioni del Crocifisso risorto
Secondo la testimonianza di Paolo, Gesù risorto è apparso a persone importanti che la narrazione evangelica ricorda come persone di prestigio: apparve a Cefa, quindi apparve ai Dodici, inoltre apparve a Giacomo, ultimo fra tutti apparve a Paolo. Tutte persone di grande responsabilità nella Chiesa, tutte persone importanti, sante, che meritano di essere ricordate, celebrate, ascoltate come testimoni autorevoli.
Ma Paolo dice anche: «In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta». Forse noi possiamo considerarci tra questo gruppo numeroso e indistinto, il gruppo dei cinquecento.
Noi siamo tra i cinquecento: quelli che non c’è bisogno di nominare, quelli che non si sono distinti per opere importanti, per discorsi memorabili, per storie di santità. Anzi, «Alcuni sono morti, mentre la maggior parte vive ancora».
2. Noi siamo tra i cinquecento
Non meritiamo lapidi né altari, ma Gesù, il Signore risorto, ha desiderato rivelarsi a noi, manifestare per noi la sua gloria, quella segnata dall’amore fino al compimento, quella segnata dalla passione, dal perdono, dalla morte in croce.
Noi siamo tra i cinquecento e più fratelli che non fanno notizia, che non sanno fare grandi discorsi, che non godono di grande considerazione nella comunità. Forse la nostra parola non è presa tanto sul serio, come è capitato a Maria di Magdala e alle altre donne. Quelle che hanno per prime portato l’annuncio: il gruppo scelto dei discepoli più importanti non credette a loro e i loro nomi non meritano di essere ricordati da Paolo.
Ma noi non pretendiamo di essere ascoltati, non abbiamo l’ambizione di occupare posti di prestigio, non siamo alla ricerca di notorietà: noi siamo di quelli ai quali basta di essere riconosciuti da Gesù e da essere da lui cercati. Noi siamo tra i cinquecento.
3. Ma perché?
Noi siamo tra i cinquecento. E ciascuno di noi continua a domandarsi: perché proprio a noi? Perché Gesù è venuto a farsi riconoscere da me? Perché mi ha visitato nella mia indegnità, nella mia insignificanza? Che cosa si aspetta da me, dalla mia situazione di mediocrità, dalla mia vita sbagliata, come quella di Maria di Magdala?
Se non siamo nella condizione di essere apostoli e di percorrere la terra per annunciare il vangelo, se non possiamo essere un faro importante che sta sulla riva degli oceani per orientare i naviganti, possiamo essere però una piccola lampada, una timida, fragile fiammella, una goccia d’olio per tenere vivo un segno.
Abbiamo ricevuto la grazia di incontrare Gesù, di riconoscerlo, di ricevere da lui quella scintilla che ha acceso la nostra piccola fiamma. Siamo come quella piccola lampada rossa che si tiene accesa presso il tabernacolo. Ciascuno di noi, dei cinquecento fratelli sconosciuti, è come una goccia dell’olio che serve per tenere accesa la piccola luce.
4. A che cosa serve la piccola luce?
La piccola luce presso il tabernacolo non riempie di luce la chiesa, non scalda nessuno, non canta, non parla. È una piccola luce, serve soltanto a dire: “Qui c’è il Signore!”.
Ecco la grazia che abbiamo ricevuto, noi, i più di cinquecento fratelli sconosciuti: siamo incaricati di abitare la terra per dire: qui c’è il Signore. Dobbiamo dire: il Signore è risorto e noi l’abbiamo incontrato. Dobbiamo dire: il Signore è vivo, è risorto, e noi siamo vivi per lui, siamo come un po’ d’olio che è diventato lampada accesa per essere un segno.
Continuiamo a bruciare per dire: “Il Signore è vivo, è risorto, è qui” là dove viviamo, là dove si nasce, là dove si muore, là dove si ama, là dove si piange, là dove si pratica il bene di cui nessuno ti ringrazia, là dove una vita sbagliata e rovinata si aggiusta e si apre alla speranza.
5. Pellegrini di speranza
La grazia dell’Anno Santo e la proposta del Giubileo sono offerte a tutti, anche a noi, anche qui, perché qualunque sia la nostra storia, possa sperimentare lo stupore di essere visitata dal Signore, trasfigurata in luce, e ardere come un segno.
E viva la speranza.

